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Decreto Dignità: le novità sui contratti, spiegate dai nostri esperti

6 minuti di lettura
18 Luglio 2018 Stampa

Il Decreto Dignità (DL 87/2018) è approdato in Gazzetta Ufficiale ed è in vigore dallo scorso 14 luglio.
testo del provvedimento ha dunque iniziato il suo iter parlamentare che ne dovrebbe sancire la conversione in legge entro 60 giorni.

Come noto, già nel periodo intercorso tra l’annuncio del decreto da parte del Consiglio dei Ministri e la sua definitiva “bollinatura” da parte della ragioneria di Stato, anticipazioni e critiche hanno acceso i riflettori sul primo provvedimento normativo in ambito lavoristico approvato dal governo in carica. Cerchiamo ora di capire cosa cambia per imprese e lavoratori.

Le principali novità 

 

 

Le novità più significative in ambito lavoristico (riassunte anche nel video qui sopra) riguardano il contratto a tempo determinato, con la reintroduzione delle causali per i contratti più lunghi di 12 mesi.
inoltre ridotto, da 36 a 24 mesi, il limite massimo di ricorso a questa tipologia contrattuale (e nel computo dei 24 mesi rientrano anche i periodi di “missione” dei lavoratori somministrati da un’Agenzia per il lavoro).
È dunque possibile stipulare un primo contratto a termine non superiore a 12 mesi (lo stesso vale per il primo contratto di durata più breve con successive proroghe che non portino la durata complessiva a superare l’anno) senza indicare alcuna causale.

Le causali

Il contratto deve obbligatoriamente essere ricondotto a specifiche condizioni nei casi in cui: 

– il contratto iniziale superi i 12 mesi;

– la proroga del contratto iniziale superi i 12 mesi; 

– il rinnovo (ovvero un secondo contratto, successivo al primo, “staccato” da questo da un intervallo temporale), indipendentemente dalla durata (per cui anche nel caso – ad esempio – di due contratti a termine ciascuno della durata di 3 mesi, intervallati da un mese di stop, anche se la somma complessiva della durata risulta inferiore a 12 mesi)

Le specifiche condizioni di cui sopra, corrispondono a:

– a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori;

– b) esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria;

Il mancato rispetto di tali condizioni potrebbe portare alla conversione del contratto in un “normale” rapporto a tempo indeterminato, nel caso in cui il lavoratore attivi un contenzioso contro il suo datore di lavoro. 

Il legislatore prevede dunque tre diversi tipi di causali, tra di loro alternative: quelle legate ad esigenze “altre” rispetto alla normale attività aziendale, ed in tal caso occorre che le stesse siano “temporanee ed oggettive”, quelle sostitutive ed, infine, quelle riconducibili all’attività ordinaria, nell’ipotesi di incrementi dell’attività stessa che siano temporanei, significativi e non programmabili.
notare una modifica last minute che lascia fuori dall’obbligo di indicare le causali per i contratti a termine, le attività stagionali “tabellate”.

Proroghe e rinnovi

Il DL 87/2018 stabilisce anche una riduzione del numero massimo di proroghe ammesse, che passa da 5 a 4 e rinnovi più onerosi dal punto di vista contributivo.
questo proposito la “normale” contribuzione addizionale NASpI (la Nuova Assicurazione Sociale per l'impiego), prevista nella misura dell’1,40%, aumenta di un ulteriore 0,50% in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato. L’aggravio riguarda i soli rinnovi e non anche le proroghe.

Obblighi per i datori di lavoro 

I datori di lavoro sono ora obbligati a formalizzare il contratto a termine per iscritto (possono derogare i soli rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni) con consegna di una copia del contratto al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione. Stesso obbligo anche per i rinnovi, ai fini della specificazione delle causali, e così pure per le proroghe laddove il termine complessivo ecceda i 12 mesi.

Le disposizioni contenute nel Decreto Dignità trovano applicazione per:

– tutti i contratti a termine stipulati successivamente al 14 luglio 2018;

– i rinnovi e le proroghe dei contratti di lavoro a tempo determinato in corso alla data del 14 luglio 2018;

I contratti di somministrazione

Non mancano novità anche sul un fronte dei contratti di somministrazione.
modifiche apportate al contratto a tempo determinato (causali comprese) trovano applicazione anche per questa tipologia contrattuale, con la sola eccezione delle disposizioni inerenti il numero complessivo di contratti (perché si applicano le eventuali, specifiche limitazioni individuate dai contratti collettivi applicati dall'utilizzatore) ed i diritti di precedenza.

Indennità al lavoratore

L'unica novità in materia di lavoro non attinente il contratto a termine, è la modifica dell’indennità economica dovuta al lavoratore in caso di licenziamento ingiustificato accertato dal giudice: restano fermi tanto il riferimento all’anzianità (due mensilità per ogni anno di servizio), quanto il limite minimo (non meno di quattro mensilità). Viene però innalzato il limite massimo (da 24 a 36 mensilità). Ovviamente la disposizione, così come modificata, riguarda i soli lavoratori ricadenti nel regime delle cosiddette “tutele crescenti” introdotte dal D.lgs. 23/2015.

Il commento al decreto legge di Confartigianato e Rete Imprese Italia

Secondo la nostra associazione e Rete Imprese Italia, il provvedimento adottato dal governo contiene disposizioni che deludono le aspettative di una reale virata delle politiche del lavoro e fiscali in grado di favorire un’accelerazione dei livelli di crescita che, principalmente a causa del deterioramento del quadro internazionale, mostrano qualche segnale di rallentamento. 
’irrigidimento nell’utilizzo dei contratti a termine, cioè proprio di quei contratti che hanno permesso negli ultimi anni di sostenere la nuova occupazione, l’introduzione di maggiori vincoli, il rischio concreto di un aumento del contenzioso tra imprese e lavoratori e la mancata indicazione nel decreto legge di incentivi per la conversione dei contratti a tempo determinato in tempo indeterminato, rappresentano un segnale preoccupante per l'intero sistema Paese. 

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