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La nuova rivoluzione industriale passa da qui

27 Luglio 2018 Stampa

Fresco autore del saggio "4.0 La nuova rivoluzione industriale", Patrizio Bianchi ci ha concesso una lunga intervista dopo il nostro convegno dedicato alla grande trasformazione del mondo del lavoro e delle imprese che si è svolto lo scorso giugno insieme a Marco Bentivogli, segretario nazionale Fim Cisl ed Emmanuele Massagli, presidente Adapt.
la riproponiamo qui di seguito: 

Professor Bianchi, nel suo ultimo saggio "4.0 La nuova rivoluzione industriale" (edito da "il Mulino", 2018) accompagna il lettore attraverso le grandi trasformazioni scientifiche e tecnologiche che hanno preceduto la nostra epoca, spostando il focus di Industria 4.0 dalle tecnologie applicabili in azienda, al concetto di "organizzazione produttiva" del lavoro. 
é ha scelto questa prospettiva? 

"La parola "rivoluzione" è molto impegnativa. Implica l'idea di uno stravolgimento completo, definitivo delle situazioni sociali esistenti. La parola "industriale", del resto, attribuisce il cuore di questo cambiamento radicale all’organizzazione della produzione, quindi al motore stesso delle dinamiche sociali. Ripartire dalla grande rivoluzione inglese, che ha separato il medioevo dalla modernità, vuol dire ridare il senso della storia, dei grandi cicli storici che hanno plasmato questa modernità.
modernità ha al suo centro la capacità produttiva del lavoro, come scrisse Adam Smith all'alba di quella prima grande rivoluzione industriale, e quindi si ripropone ancora oggi l'evidenza che per capire il senso profondo di questa nuova grande ondata di cambiamento non basta guardare le macchine – i robot, la digitalizzazione – ma bisogna tornare al lavoro, alle persone, agli umani, a come queste nuove tecnologie, nel contesto di una nuova globalizzazione cambiano il lavoro, l'organizzazione della produzione e quindi come si realizza il valore aggiunto, come si distribuisce la ricchezza, ed infine come cambiano i rapporti di forza nella società, come mutano i diritti effettivi dei cittadini, quindi come si trasforma la democrazia reale di un paese".

La radicale riorganizzazione dei processi produttivi, l'irruzione di tecnologie "disruptive" e l'emergere di nuovi bisogni personalizzati e a misura di consumatore, hanno trasformato il mercato e i nostri distretti industriali. Qual è il modello d'impresa che ne esce vincente? 
"Esce vincente un’impresa che sa ascoltare i bisogni delle persone, dando risposte sempre più personalizzate e quindi offrendo non solo beni, ma soluzioni, servizi, risposte. Paradossalmente proprio i punti di forza dei nostri distretti si rilanciano oggi in un mercato globale in cui piccole nicchie possono diventare grandi mercati in cui le nostre imprese possono essere leader mondiali. È questa del resto l’esperienza delle nostre imprese che già oggi operano sul mercato mondiale avendo proprio nella capacità di interazione continua, nella coprogettazione con i loro clienti, il loro punto di forza. Le tecnologie diventano disruptive solo se non se ne coglie il valore strumentale e non si hanno propri obiettivi chiari da perseguire proprio con le migliori tecnologie disponibili al momento".

La crisi economica ha incubato l'attuale rivoluzione industriale creando innovazione, lei cita a più riprese i giganti della Silicon Valley o i nuovi colossi della tecnologia asiatica. Ma ha anche spostato il baricentro dell'economia mondiale verso Oriente e inciso un solco profondo tra domanda e offerta di lavoro. Cosa serve all'Italia (o forse all'Europa) per competere in questo scenario?
"La rivoluzione industriale è il risultato composto di globalizzazione e nuove tecnologie digitali, che determinano quindi anche le condizioni per nuovi rapporti di potere reale fra imprese, paesi, territori. Questi fenomeni si accompagnano ad un cambiamento sostanziale della vita collettiva che lascia emergere nuovi bisogni e quindi richiede nuove risposte.
globalizzazione è segnata dall’entrata di nuovi grandi player ed in particolare della Cina che entra attraendo imprese americane ed europee per il basso costi del lavoro, accumulando conoscenze e formando nuovi operatori che diventeranno cruciali in queste seconda fase in cui la stessa Cina investe massicciamente in ricerca ed alte competenze, divenendo presto  leader anche nelle nuove tecnologie. Esempio ne è il confronto fra Ibm e Lenovo nella produzione di supercomputer. Ibm sposta prima la produzione dei propri personal computer in Cina, poi ne vende la licenza al suo subfornitore Lenovo che invece investe in ricerca e presto diviene l'unico competitore di Ibm sui grandi computer.
devono fare l'Europa e l'Italia? L'Italia deve fare l'Italia, quindi il produttore di fascia alta, in cui la grande tecnologia si unisce alla puntuale capacità di dare risposte personalizzate ai bisogni di consumatori ed imprese di tutto il mondo. Investire sulle persone e sulle loro competenze deve essere la risposta europea ed investire in grandi strutture ad alta tecnologia utilizzabili anche dalle imprese più piccole, capaci di creare valore dando risposte mirate e coprogettate con i propri partner globali. Questa è del resto la risposta che le imprese di Modena e Reggio stanno dando in questa fase storica.

A livello locale parla della necessità di rafforzare un "Ecosistema dinamico" che coinvolga istituzioni, scuole edimprese, nel processo di trasformazione imposto da Industria 4.0.  In questo senso, da assessore al coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, formazione e lavoro di Regione Emilia Romagna, quali obbiettivi ha raggiunto e quali vorrebbe  conseguire prima di fine mandato?
"Ad inizio legislatura abbiamo elaborato insieme e sottoscritto con tutte le rappresentanze della società un Patto per il lavoro, che è l'atto di programmazione generale per lo sviluppo della regione nei successivi cinque anni. Un atto importante che ha permesso ad ognuno di ridefinire le proprie strategie di lungo periodo, abbassando l'incertezza ambientale. In questa prospettiva il Patto indicava come via per lo sviluppo il riposizionamento della intera struttura produttiva ed istituzionale regionale in un contesto europeo e globale attraverso un’azione di forte investimento sulle persone, le loro competenze, le loro conoscenze ed un altrettanto forte investimento in ricerca, sviluppo, diffusione di queste conoscenze, con l'obiettivo di consolidare un ecosistema in grado di essere il centro pensante di catene del valore globali. Abbiamo consolidato il rapporto fra università e centri di ricerca, generando una solida base per uni sviluppo di imprese, anche di piccole e media dimensione, in grado di presentarsi come partner intelligenti e di proporre soluzioni operative anche ad imprese di più grande dimensione. Questa azione si è accompagnata con una vasta rete di relazioni istituzionali a livello europeo e mondiale, volte a creare un tessuto di fiducia e credibilità per la nostra regione, che diviene essenziale per lo sviluppo di lungo periodo di un sistema di imprese di alta qualità".

 Ultima domanda. Quale ruolo dovranno ritagliarsi le associazioni di rappresentanza e i corpi intermedi per contare ancora qualcosa nell'epoca digitale? 
"Oggi più di ieri diviene fondamentale la capacità di "tenere insieme" i singoli in sistemi integrati. Il rischio che tutti noi viviamo in questa epoca digitale è la condizione di "solitudine iperconnessa", cioè quella condizione in cui siamo costantemente in relazione con tutti, ma in realtà legati a nessuno. Le nostre imprese, come i nostri cittadini, debbono sentirsi parte di una comunità, con cui condividere non solo servizi o interessi di breve periodo, ma valori ed obiettivi condivisi. I corpi intermedi, dati dalle associazioni di rappresentanza, dalle diverse forme aggregative della società, oggi servono a ridare voce e consistenza ad una società, altrimenti schiacciata dalla dittatura di internet, in cui rischia di crescere la deresponsabilizzazione. Oggi le associazioni di rappresentanza hanno il delicato e difficile compito di ridare visione unitaria a gruppi sociali che la globalizzazione ha frantumato in interessi e risultati diversi e particolaristici. "Tenere insieme" la società, rilanciando il valore del lavoro e della produzione diviene oggi un mandato essenziale per cogliere l'importanza delle nostre associazioni. A tutti buon lavoro per un futuro insieme".

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