Ha tenuto alla prova dell’Aula del Senato, ma il veicolo è stato individuato nella legge di conversione del decreto “sbloccacantieri”, che ora passa all’esame della Camera, e non nel decreto crescita, l’intesa tra Lega, 5 Stelle e ministero della Giustizia.
La soluzione individuata prevede sì il raddoppio dei parametri oggi inseriti nel nuovo Codice della crisi d’impresa (i nuovi valori sono 4 milioni di attivo, altrettanti di ricavi e 20 dipendenti) ma, nello stesso tempo ne stabilisce la necessità del superamento anche solo di uno per due esercizi consecutivi. Un’alchimia tra indici ed esercizi che però fa la differenza, visto le conseguenze di ciascuna scelta, soprattutto quelle sui parametri avrebbero avuto conseguenze importanti. Sulla base delle prime stime, infatti, l’emendamento approvato dovrebbe condurre circa 80mila Srl a dovere adottare il sindaco oppure il revisore. Se invece si fosse scelta la strada del superamento di due indici il numero delle società interessate si sarebbe drasticamente abbattuto tra 20 e 30mila.
Una differenza non banale che avrebbe poi potuto condizionare o ridimensionare le misure di allerta che del Codice della crisi rappresentano senza dubbio la disposizione più innovativa, indirizzata a evitare o limitare i casi di insolvenza. Se infatti l’allerta deve essere innescata attraverso due canali, quello dei creditori pubblici (Inps, Entrate e riscossione) e quello del controllo interno, il perimetro delle società da quest’ultimo interessato assume un peso determinante. Con meno società, meno controllo e minori segnalazioni.