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Barisoni: “Le promesse elettorali parlano alla pancia, non alla testa”

4 minuti di lettura
29 Gennaio 2018 Stampa

Sebastiano Barisoni è un giornalista economico noto e molto apprezzato. In onda su Radio 24 (di cui è vice direttore) ogni pomeriggio con il programma ‘Focus Economia’, ha uno sguardo disincantato e sa ‘spiegare’ l’economia in modo fruibile a un pubblico ampio. Barisoni, ospite di Lapam a Reggio Emilia per parlare della Legge di Bilancio lunedì 12 febbraio in Aula Magna all'università di viale Allegri 9, fa il punto su manovra, elezioni ed Europa.

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Barisoni, cominciamo dalla Legge di Bilancio 2018. Ci sono, come spesso accade, luci e ombre per le imprese soprattutto per quelle di dimensioni medio piccole. Come valuta, nel suo complesso, il provvedimento?
È una legge chiaramente fatta prima di una scadenza elettorale e, quindi, pur confermando alcuni elementi positivi come gli incentivi sull’industria 4.0, ha chiaramente un approccio di breve respiro e di messa in sicurezza dei conti pubblici, più che di grandi iniziative sul futuro.

Siamo in piena campagna elettorale, una campagna che è cominciata con la gara ‘a chi la spara più grossa’. Per quale motivo, a suo parere, la qualità di questa competizione elettorale è così bassa? E come valuta le proposte economiche dei vari schieramenti (a patto che ci si capisca veramente qualcosa al di là delle promesse irrealizzabili)?
Sole 24 Ore abbiamo lanciato una campagna che portiamo avanti anche in Radio nel mio programma di verifica costante delle coperture finanziarie richieste per ogni singola proposta legislativa. Non mi sorprende che alcune di queste proposte possano sembrare molto ambiziose (fa parte anche della campagna elettorale), mi sorprende di più la genericità con cui vengono trovate le coperture. Sono anche sorpreso dal fatto che nessuno stia puntando per una rinegoziazione dei trattati con l’Europa in maniera significativa: mi sembrano più rivolte alla pancia dell’elettorato che alla testa. Ripeto, tutte le proposte hanno una loro ragione di essere dal punto di vista economico per liberare risorse e aumentare i consumi, ma in tutte manca la verifica realistica delle coperture attese, ricordando che anche quest’anno dovremo tirare fuori 18 miliardi di euro per le clausole di salvaguardia, onde evitare l’aumento dell’iva. In generale, a mio avviso è chiaro che occorre liberare risorse riducendo in maniera realistica la tassazione su chi il lavoro lo fa e lo genera e integrando i redditi più bassi. Fermo restando che l’aumento dei consumi in un paese sia indispensabile, non solo con queste misure, ma anche e soprattutto quando ripartono gli investimenti in generale, privati e pubblici. Non dimentichiamo che quelli pubblici in Italia sono ancora sotto al livello del 2008.

Lapam Confartigianato ha proposto ai candidati alle elezioni alcune idee legate anche alla Legge di Bilancio. La prima è di innalzare gradualmente, fino ad arrivare in tre anni al 100%, la deducibilità dal reddito d'impresa e dall'Irap dell'Imu sugli immobili strumentali delle imprese; poi di aumentare la franchigia Irap per i piccoli imprenditori; di non procrastinare ulteriormente l'entrata in vigore dell'IRI (Imposta sul reddito dell'imprenditore) che rischia di mettere in difficoltà chi aveva già iniziato a settarsi su questo regime; di abolire il meccanismo dello split payment che penalizza fortemente le imprese che lavorano (direttamente o meno) per la Pubblica amministrazione. Pensa siano proposte realizzabili?
ì, penso che siano proposte realizzabili e realistiche, forse talmente realistiche da risultare poco “sexy” per una campagna elettorale carica di iperboli.

In Europa l’asse franco-tedesco sembra essere sempre più forte e l’Italia fa la figura di Cenerentola prima del ballo. Il Governo che verrà come dovrebbe porsi nei confronti di Bruxelles? E come vede il futuro dell’Euro?
sembra che nessuno metta più in discussione il futuro dell’Euro, neanche i partiti che ne avevano fatto anni fa oggetto di campagna politica. Come detto prima, secondo me, dovremmo essere più incisivi nel chiedere non uno sconto all’Italia, ma un diverso approccio all’Europa in tema di crescita economica e distinguendo tra quello che è la spesa del paese (e quindi un costo) e quello che invece è un investimento. Quanto all’asse franco-tedesco mi sembra che per ora l’unico asse sia quello franco-francese, viste le difficoltà in Germania di creare un governo di coalizione e Macron, nei vari incontri che ha avuto tra Roma, Londra e Berlino, si sta caricando del ruolo di “pivot” della politica estera europea. 

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