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DL Dignità, cosa ha stabilito il Ministero del Lavoro

7 minuti di lettura
8 Novembre 2018 Stampa

Il cosiddetto "Decreto Dignità" (DL 87 del 2018) ha introdotto importanti novità in materia di contratto di lavoro a tempo determinato e di somministrazione a termine (ne abbiamo parlato qui). La legge di conversione, poi, ha previsto uno specifico regime transitorio (non presente invece nel testo del DL 87) che, con riferimento alle proroghe ed ai rinnovi, consentiva – fino al 31 ottobre scorso – di applicare  le disposizioni in vigore prima del decreto dignità (ne abbiamo parlato qui).

Proprio il 31 ottobre il Ministero del Lavoro ha emanato l’attesa circolare contenente alcuni chiarimenti relativi alle novità introdotte dal Decreto e dalla legge di conversione.
quanto riguarda le indicazioni fornite sul periodo transitorio va subito precisato che, al di là della scarsa tempestività dell’intervento, anche il merito non si scosta di molto rispetto a quanto già stabilito dal decreto, lasciando quindi “ombre” su alcune scelte datoriali.
 di riassumere i punti salienti della circolare:

Contratto a tempo determinato

Il Ministero del Lavoro evidenzia le principali novità introdotte dal decreto, ovvero:

– La riduzione della durata complessiva da 36 a 24 mesi, ricordando che nel computo si deve tenere conto sia delle assunzioni dirette sia dei periodi di somministrazione a termine (cosiddette “missioni”)

– La possibilità di stipulare “liberamente” un contratto a termine solo se la durata non è superiore a 12 mesi; superati i quali – e comunque in occasione di qualsiasi rinnovo  anche se compreso nei primi 12 mesi – occorre invece ricondurre il contratto ad una delle “esigenze” (nella circolare vengono usati indifferentemente sinonimi come: “ragioni”, “condizioni”, “causale”) quali: esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività; esigenze di sostituzione di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

– La riduzione del numero delle proroghe ammesse da 5 a 4. Per cui non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo, anche se ciò avviene senza soluzione di continuità con il precedente rapporto.

Il Ministero del lavoro chiarisce poi l’esatta modalità di applicazione dell’incremento del contributo addizionale NASpI ad ogni rinnovo contrattuale (e solo per i rinnovi, non anche per le proroghe): alla misura iniziale del contributo in argomento (1,40%) dovrà aggiungersi un ulteriore 0,50% ad ogni rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione, pertanto: 1,40% “base” + 0,50% al primo rinnovo (1,90%) + ulteriore 0,50% al secondo rinnovo (2,40%) + ulteriore 0,50% al terzo rinnovo (2,90%) etc. Il Ministero dice chiaramente che l’incremento del contributo opera a far data 14 luglio 2018 (per maggiori chiarimenti in merito vi invitiamo a contattare la sede Lapam più vicina).

Somministrazione di lavoro

La principale novità è sicuramente rappresentata dall’estensone della disciplina del contratto a tempo determinato alla somministrazione a termine, con esclusione delle disposizioni inerenti l’intervallo minimo tra un contratto e l’altro, il limite quantitativo al numero dei contratti a termine che può stipulare un datore di lavoro, il diritto di precedenza.
Ministero chiarisce che le modifiche normative riguardano solo i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato dall’agenzia somministratrice, mentre non “tocca” i lavoratori in forza presso l’agenzia con un contratto a tempo indeterminato, anche se inviati presso l’utilizzatore o differenti utilizzatori nell’ambito di una o più missioni a termine.

Detto delle deroghe, vediamo nel concreto cosa implica l’estensione alla somministrazione a termine (lavoratori assunti dall’agenzia a tempo determinato) delle “normali” regole del contratto a termine:

– Durata massima: viene ricondotta a 24 mesi, fatti salvi i diversi limiti fissati dalla contrattazione collettiva.
computo dei 24 mesi (o diverso limite) si deve tenere conto sia del/i rapporto/i di lavoro che il lavoratore ha avuto con il somministratore; sia dei rapporti con il singolo utilizzatore, ovvero di tutti quei periodi svolti con contratto a termine (assunzione diretta da parte dell’utilizzatore), sia quelli in cui sia stato impiegato in missione con contratto di somministrazione a termine, ovviamente limitando il campo alle mansioni dello stesso livello e categoria legale. Questa precisazione, che può apparire per certi versi “contorta”, altro non fa che individuare un contatore unico, valido al di là delle possibili “combinazioni” tra assunzione diretta o somministrazione a termine; una volta raggiunto il limite previsto dalla norma (24 mesi) o dalla contrattazione collettiva, non sarà più possibile ricorrere alla somministrazione a termine.

– Esigenze/condizioni: a quanto riferito in precedenza per i contratti a termine, va aggiunto che: le “esigenze” vanno esplicitate per iscritto sul contratto di lavoro stipulato tra somministratore (agenzia) e lavoratore, ma devono fare riferimento alle esigenze dell’utilizzatore.

– Limite quantitativo unico di ricorso al contratto a termine ed alla somministrazione a termine; la legge di conversione introduce un ulteriore limite, che va ad affiancare quello – non abrogato – riferito al solo lavoro a tempo determinato. Nei fatti concreti, dunque, i limiti di cui tener conto diventano due

– il primo, già esistente (art. 23 d.lgs 81/15), riferito ai soli tempi determinati (lavoratori assunti direttamente, quindi), il cui numero non può eccedere il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione (derogano da questo limite alcune categorie di lavoratori, quali ad esempio quelli di età superiore a 50 anni o quelli assunti in sostituzione, ed alcune assunzioni a termine, quali ad esempio quelle inerenti attività stagionali o quelle nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi o ancora quelle effettuate da start-up innovative);
 il secondo, introdotto ora, che, fatte salve le eventuali, diverse, previsioni dei contratti collettivi, impone che il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non ecceda il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipulazione dei predetti contratti (per le attività iniziate nel corso dell'anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro).

Periodo transitorio

Si è detto in premessa che le indicazioni inerenti il periodo transitorio erano probabilmente le più attese; il fatto di essere giunte con un provvedimento emanato nel giorno (il 31 ottobre) coincidente col termine del periodo in questione ha senza dubbio frustrato quelle stesse attese. Peraltro queste stesse indicazioni, già di per sé tardive, poco aggiungono rispetto al dettato normativo. Si dice infatti che il DL 87 aveva previsto che le modifiche normative trovassero applicazione per:

– i contratti a termine stipulati successivamente al 14 luglio 2018;
– i rinnovi e e proroghe dei contratti in corso al 14 luglio 2018;

Solo la norma di conversione, in vigore dal 12 agosto 2018, ha introdotto un regime transitorio, applicabile esclusivamente ai rinnovi ed alle proroghe dei “contratti in corso” (ma nemmeno la circolare ministeriale chiarisce quali siano nel concreto questi contratti, lasciando quindi irrisolti quei dubbi che hanno caratterizzato l’operato di molti datori di lavoro, fino allo scorso 31 ottobre) prevedendo che per tali fattispecie la nuova disciplina trovi applicazione solo dopo il 31 ottobre 2018.

Per maggiori informazioni

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