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Il lavoro che serve? Quello che crea identità

Le numerose riforme del lavoro non sembrano aver interpretato correttamente le esigenze imprenditoriali

Il dibattito è introdotto da Carlo Alberto Rossi: Segretario generale Lapam Confartigianato, che inizia il suo discorso parlando di Lavoro:

Le numerose riforme del lavoro che si sono susseguite nel corso degli ultimi anni, dalla legge 92 del 2012 approvata dal governo Monti, al Jobs Act, fino alla cosiddetta legge Dignità dall’attuale esecutivo, non sembrano aver interpretato correttamente le esigenze imprenditoriali.

Trovi di seguito l’intero discorso introduttivo

Quale lavoro serve al nostro Paese?

“L’apprendistato è fondamentale per il futuro del lavoro e sono contento che i nostri ospiti lo abbiano sottolineato con forza. Da serate come questa dobbiamo prendere spunto per continuare a ripensare il nostro modello di sviluppo: è necessario un cambiamento prima di tutto culturale”.

Gilberto Luppi, presidente generale Confartigianato Lapam, ha chiuso così il partecipato e interessante confronto promosso dall’associazione con Marco Bentivogli, segretario Fim Cisl; Michele Tiraboschi, professore di diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia e coordinatore scientifico di Adapt, l’associazione fondata da Marco Biagi; Annalisa Magone,  presidente di Torino Nord Ovest;  Marco Granelli, presidente di Confartigianato Emilia Romagna.

I quattro, stimolati dal direttore de Linkiesta Francesco Cancellato, hanno messo al centro il ‘lavoro che serve’, come da titolo della serata. Il segretario generale Confartigianato Lapam, Carlo Alberto Rossi, ha aperto (dopo i saluti del presidente della provincia di Reggio Emilia, il sindaco di Castellarano Zanni) con un riferimento a formazione e salario minimo:

“Le piccole e medie imprese hanno un impellente necessità di un sistema formativo continuo, i percorsi esistenti devono essere rafforzati: in questo senso ci aspettiamo che Regione Emilia Romagna continui a sostenere, rafforzare e incentivare iniziative di politica attiva del lavoro. Occorre poi ridurre il numero di contratti collettivi nazionali, evitando la proliferazione di ‘contratti pirata’, sottoscritti da organizzazioni prive di rappresentatività. In questo senso l’introduzione di un salario minimo legale è semplicemente improponibile. La quantità proposta di 9 euro è peraltro fuori misura ed innescherebbe una dinamica incrementale con immediati effetti sul costo del lavoro per le imprese. Il vero grande intervento strutturale è quello della riduzione del cuneo fiscale”.

Marco Bentivogli ha affermato: “La realtà è che con il digitale si sta costruendo qualcosa di diverso rispetto al lavoro come lo abbiamo diviso fino ad oggi: primario, industria, terziario. Oggi abbiamo un’opportunità straordinaria di riprogettare il lavoro, i suoi tempi e i suoi spazi, ancora disegnati su un lavoro che non esiste più. Nel lavoro che serve la tecnologia deve essere un fattore abilitante che faccia aumentare il lavoro, che non obbliga le persone a lasciare il cuore e il cervello fuori dall’azienda”. Il segretario Fim Cisl ha aggiunto: “Nel nostro Paese abbiamo avuto un attacco contro l’alternanza scuola/lavoro: il progetto va sistemato, ma penso che anche friggere le patatine non faccia male. In Italia c’è una cultura che ‘schifa’ il lavoro e questo è molto preoccupante”.

Michele Tiraboschi, non ha dubbi: parlare di lavoro vuol dire parlare di apprendistato: “Abbiamo bisogno di un lavoro che è identità, cultura, territorio, comunità. Il sistema di cui ha bisogno ilmercato del lavoro è un sistema che fa crescere professionalità e che fa partecipare le persone alla società in cui vive. Siamo un paese di 60 milioni di abitanti in cui lavorano 20 milioni di persone. Gli addetti nel manifatturiero avanzato stanno calando da anni e il terziario digitale non sta creando altrettanti posti di lavoro. Quindi quale lavoro serve oggi? Serve ripensare il sistema ripartendo da strumenti come l’apprendistato”.

Annalisa Magone: “La lentezza con cui vediamo affermarsi la cultura digitale in Italia non è dovuta alla pigrizia, ma al fatto che noi produciamo soprattutto beni fisici complessi (e non app). Capire come questi prodotti si stiano adeguando alla trasformazione in atto è fondamentale per comprendere come si evolverà il lavoro e le competenze che esso richiede”.

Infine Marco Granelli ha ricordato il lavoro di Confartigianato su queste tematiche, che sono centrali e che vanno seguite con grande attenzione e competenza.

L’evoluzione del mercato del lavoro in Emilia-Romagna

Elaborazione Flash dell’Osservatorio MPI Confartigianato Emilia-Romagna

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