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Futuro a rischio per il commercio senza interventi concreti e lungimiranti

6 Maggio 2020 Stampa

Per adesso hanno visto soltanto i 600 euro di marzo. Nessun aiuto in più, se si sta sul concreto. Qualche comune sta ora facendo proposte per sostenerli, ma si tratta di interventi che, giocoforza, non possono essere risolutivi. I commercianti sono in difficoltà:

“Vogliamo lavorare, vogliamo riaprire…”. Cinzia Ligabue ha un negozio in centro a Modena e conosce bene i problemi dei commercianti dei centri storici. È, anche, presidente Licom. E proprio per questo parla con tanti altri colleghi: “I commercianti hanno per ora visto soltanto i famosi 600 euro, ma non può bastare. Vi siete chiesti perché i finanziamenti garantiti dallo Stato hanno avuto finora un riscontro basso, soprattutto per il commercio? Perché gli imprenditori hanno paura di indebitarsi e di non poter ripagare questo finanziamento. Del resto si parla di sei anni di tempo, ma onestamente un commerciante dove si vede tra sei anni?”. Una domanda con un retrogusto amaro quella della Ligabue, che prosegue: “Tanti già erano in difficoltà prima del Covid 19, tanti vacillavano di fronte alle vendite online, ai giganti del web che non pagano le tasse che paghiamo noi e fanno il bello e il cattivo tempo”. Le vetrine dei negozi sono rimaste, giocoforza, quelle di due mesi fa.

“E alcune rischiano di restare così – fa eco Daniele Casolari, che di Licom è segretario-. Non si tratta di essere disfattisti, ma realisti. Se non ci sono interventi reali di sostegno al commercio, interventi che abbiano un respiro ampio e che vada oltre i prossimi mesi, ci troveremo con i centri cittadini con spazi vuoti e, di conseguenza, più insicuri e poco appetibili anche da cittadini e turisti. Si parla di rilanciare la frequentazione delle zone centrali delle nostre città, ma se i negozi (e i bar, i ristoranti…) chiudono, come si fa?”.

Ligabue e Casolari fanno alcune proposte: “Iniziamo da quelle talmente semplici da apparire banali: tutti devono pagare le tasse. Anche i giganti del web. Con il gettito in più si dovrebbero sostenere concretamente i negozi. Anche perché, diciamolo: quando il presidio del commercio di vicinato sparirà quali saranno i costi sociali? E chi li pagherà? E poi i saldi: non è possibile che partano a inizio luglio quest’anno, vorrebbe dire avere poco più di un mese per vendere la merce dell’estate. Occorre slittare a inizio agosto”.

Casolari completa e conclude: “Oltre alla tassazione delle vendite online è necessaria una regolamentazione per le svendite via web e poi rendere armonici e omogenei gli aiuti, senza lasciare tutto alla buona volontà di un sindaco piuttosto che di un presidente di regione. Qui non si tratta più di dire che occorre salvare tutto il mondo del commercio, sappiamo che qualcuno non riaprirà, ma di riuscire a preservare quanto più possibile. Il futuro, visto alla luce dell’emergenza che ci ha colpito, è a rischio e per questo occorrono interventi che sappiano guardare oltre l’emergenza”.

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