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L’appello delle associazioni di categoria: «Imprenditori disperati, aiutiamoli»

5 minuti di lettura
1 Ottobre 2015 Stampa

Dopo il sucidio del fondatore di un' azienda in crisi, l' appello di Lapam e Cna: «Imprenditori disperati, aiutiamoli»

La crisi economica se ne frega dei proclami politici e implacabile continua a mietere vittime.
dispetto del reiterato ottimismo del governo che annuncia a ogni piè sospinto l' inizio della ripresa, la quotidianità mostra infatti una realtà ancora assai pesante per il sistema economico modenese. I segnali di speranza si fanno timidamente più luminosi, ma ansia e disperazione non sono affatto svanite nel nulla. La morte dell' imprenditore sancesarese Claudio Trevisi, che si è tolto la vita nell' azienda in crisi che aveva fondato, è solo l' ennesima tragedia di una strage silenziosa che non conosce pause.

Nel nostro Paese sono stati 201 i suicidi nel 2014, in salita rispetto ai 149 del 2013 e agli 89 del 2012.

A rilevarli è la recente indagine dell' Osservatorio dell' Università Link Campus di Roma, mentre l' Istat – per misteriose ragioni – non pubblica più il conteggio annuale dei suicidi per ragioni economiche. «La situazione è ancora estremamente delicata ed è quindi fondamentale continuare a mantenere alta la sensibilità sul tema e offrire strumenti di supporto per non far sentire soli gli imprenditori», sostiene con decisione Umberto Venturi, presidente Cna:

«Dinnanzi a lutti del genere si spera ogni volta che non accadano più – sottolinea – ma questo non è e non può essere sufficiente. E' necessario che ognuno metta in campo ogni forza per cercare di evitare un fenomeno che erroneamente si pensa ormai superato, ma che superato non è affatto».

Dal 2008 «è semplicemente cambiato il mondo. Non si può più parlare di crisi ma di situazione economica.

E con essa gli imprenditori devono fare ogni giorno i conti. Fondamentale è non lasciarli soli dinnanzi alle difficoltà. Siamo in mezzo al tunnel. La via d' uscita? Per adesso abbiamo iniziato ad arredarlo. La situazione è stabile, non sta peggiorando ma neanche migliorando. Le percentuali sono infatti talmente piccole non si possono fare previsioni a medio termine». E sulla stessa linea è Lapam Confartigianato. Mette in chiaro il segretario generale Carlo Alberto Rossi:

«Essere vicini agli imprenditori è un dovere fondamentale. Ognuno deve fare la propria parte». E spiega poi come«i piccoli imprenditori» siano «i più esposti a crisi personali che, come abbiamo purtroppo registrato anche nelle scorse ore, possono sfociare in tragedie. La ragione è evidente: si identificano nell' azienda che hanno magari fondato. E quindi non riescono a superare la fine del progetto di una vita, vivono la crisi come un' onta. Provano sensi di colpa nei confronti dei dipendenti che conoscono personalmente, e vergogna a uscire in paese». «I piccoli segnali di ripresa – conclude Rossi – non devono fare calare l' attenzione sull' emergenza: sportelli d' ascolto, consulenze, incontri e sostegni psicologici possono aiutare a salvare molte vite»

Luca Soliani – il Resto del Carlino Modena


San Cesario, imprenditore si toglie la vita in azienda

30 settembre 2015 –  Il 69enne Claudio Trevisi non ha retto alle difficoltà che attraversano Ossidan e Rimas, le imprese che aveva fondato

Per quelle due aziende aveva speso energia, passione e denaro. La mattina Claudio Trevisi era il primo ad arrivare e la sera l’ultimo ad andarsene. Anche nell’ultimo periodo quando le cose avevano preso una piega sbagliata per colpa della crisi. Ma l’idea di lasciare senza un futuro la sua famiglia “allargata”, fatta di 32 lavoratori non riusciva ad accettarla. Aveva anche pensato ad intraprendere la strada del fallimento o quella del concordato, ma prima di ammainare la bandiera aveva voluto fare un ultimo, disperato tentativo. Voleva salvare la Ossidan e la Rimas, le sue creature a cui era legato dall’affetto di decine di anni di lavoro. Con i suoi due soci aveva esplorato anche forme innovative di salvezza, ma il cruccio di non riuscire a garantire il lavoro agli operai lo aveva con il tempo logorato.

L’imprenditore 69enne, originario di Modena, ha scelto la strada più drammatica: si è tolto la vita in azienda, nel capannone per cui aveva dato passione, impegno e tempo. A costo di vedere continuare le due attività, specializzate in trattamenti termici e verniciatura di componenti, era anche pronto a fare un passo indietro, come del resto aveva annunciato ai lavoratori nell’ultima riunione, avvenuta lunedì pomeriggio in municipio a San Cesario.

Perché la società aveva ancora liquidità per garantire l’ultimo stipendio arretrato (agosto) così come eventualmente il Tfr, ma era la voce “debiti” che pesava e aveva costretto Trevisi e i suoi due soci ad abbassare le serrande negli ultimi giorni. Eppure uno spiraglio si intravedeva, c’era un compratore pronto a rilevare quantomeno un ramo d’azienda, qualcuno che avrebbe potuto permettere ad alcuni operai di non restare senza un reddito e la dignità del lavoro, due cardini su cui il 69enne aveva poggiato la propria esistenza.

Un capitano d’impresa di vecchio stampo, che si sporcava le mani di fianco ai suoi ragazzi. Quelli a cui era stato costretto a confessare

le difficoltà economiche, quelli a cui – aveva capito – non avrebbe più potuto offrire un lavoro. Di fronte a ciò ha messo da parte la sua storia imprenditoriale, fatta di successi e traguardi, lasciandosi travolgere dall’ombra del fallimento. Trevisi non l’avrebbe mai accettato.

La Gazzetta di Modena

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