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Cosa stabilisce il decreto “Lavoro e Imprese” su divieto di licenziamento e cassa integrazione

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16 Luglio 2021 Stampa

Con il decreto legge cosiddetto “Lavoro e Imprese” (D.L n.99/2021) il governo ha stabilito una novità importante sul fronte del lavoro. In particolare per il comparto Moda. All’art.4 infatti viene concesso ai datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili (quelli cioè identificati dai codici Ateco 13, 14 e 15 ndr.), che dal 1° luglio 2021 sospendono o riducono l’attività lavorativa, un ulteriore periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale (CIGO) per una durata massima di 17 settimane, compreso tra il 1° luglio e il 31 ottobre 2021.

Il ricorso a questo strumento comporta – fino a quella stessa data, cioè il 31 ottobre – il divieto di licenziamento collettivo e di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, con conferma delle già previste norme vigenti: subentro nell’appalto, cessazione definitiva dell’attività, accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo, fallimento.

Per le imprese non industriali che rientrano nell’ambito di applicazione di altri ammortizzatori sociali (es: assegno ordinario del FIS, dei Fondi bilaterali alternativi, Cassa in deroga) il divieto di licenziamento e la copertura degli ammortizzatori resta operante sino a tutto il 31 ottobre.

Tredici settimane di CIGS per gli altri settori

Inoltre ai datori di lavoro che non possono ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale ordinari e straordinari di cui al D.lgs n.148/2015, è riconosciuto (art.4, comma 8) fino al 31 dicembre 2021 un trattamento di integrazione salariale in deroga di durata pari a 13 settimane. Anche in questo caso il ricorso a questo strumento preclude, fino al 31 dicembre, il licenziamento collettivo e al licenziamento collettivo per giustificato motivo oggettivo.

Restano anche sospese nel medesimo periodo le procedure pendenti avviate dopo il 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.

Le eccezioni

Come sopra, le sospensioni e le preclusioni non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo.

A questi lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di Naspi. Sono anche esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

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