Torna all'elenco

Un nuovo modo di intendere la persona

6 minuti di lettura
5 Agosto 2022 Stampa

A me piace giocare un po’ con le parole e quindi ritengo utile partire dall’etimologia. Rifacendoci al latino, persona ha a che fare con il verbo per-sonare che significa rimbombare forte; ha quindi a che fare con il suono, la musica: siamo persone se risuoniamo, se emettiamo vibrazioni.

Rifacendoci invece alla lingua greca, persona deriva dal termine pròsopa, che indicava la maschera che l’attore indossava durante l’opera teatrale. Tale maschera aveva due funzioni: quella di amplificare la voce dell’attore e, insieme, di identificare il personaggio. Se accogliamo queste due sfumature del termine persona, possiamo dunque chiederci: Le scelte che compiamo ogni giorno, quali vibrazioni provocano in noi e negli altri?

I diversi ruoli che abbiamo durante una giornata (genitori, compagni, amici, colleghi, responsabili di qualche ufficio o funzione…) coprono qualcosa di noi o esaltano ciò che siamo? Se coprono o nascondono qualcosa di noi il rischio è che diveniamo ipocrités (che significa attore) cadendo nell’ipocrisia: stiamo recitando una parte, ma la nostra vita vera è un’altra. Se invece esaltano ciò che siamo, ci orientano all’eudaimonìa che significa fioritura di noi stessi e delle relazioni che viviamo. In modo più semplice, ci possiamo chiedere quanto la nostra crescita professionale è in sintonia con quella personale?

Come diventare una persona centrata

Per poter dare concretezza alla ricerca di eudaimonìa, quando parliamo di persone ci avvaliamo dell’aggettivo “centrata”. La centratura della persona ha certamente a che fare con la consapevolezza, con l’armonia interiore, con l’equilibrio tra vita personale e vita lavorativa.

Nella mia tradizione monastica, ha a che fare con la spiritualità e con la sapienza. Chiariamo i termini, almeno in modo sintetico. Per spiritualità intendiamo la capacità di farsi le domande di senso, cioè quelle domande che danno direzione e significato alle cose che facciamo. Per avere risposte corrette è necessario partire da domande corrette.

Non esiste cosa peggiore di una risposta giusta ad una domanda sbagliata. Porre attenzione alla domanda, permette anche di capire se le risposte sono corrette e adeguate, se devono essere aggiornate, oppure non servono a nulla perché le domande sono cambiate.

Per sapienza intendiamo quella capacità di gustare il sapore della vita; è saper attivare una sensibilità che comprende certo l’intelligenza, la conoscenza, l’emotività, ma che sa andare ad un livello più profondo. Non è questione di avere più informazioni, più dati, ma dalla capacità di leggere dentro le cose e di trovare nuove connessioni. Quante persone istruite sono arroganti e saccenti e quante persone semplici sono invece sapienti e accoglienti quindi centrate? In un mondo complesso come il nostro è difficile riuscire a entrare dentro e connettere: ci vuole tempo e a pare che oggi ce ne sia sempre meno.

Business e crescita personale

Il lavoro può essere uno strumento per far sì che le persone fioriscano e siano centrate. Nella mondo benedettino, il lavoro è una componente fondamentale per la crescita della persona. Famoso è il motto: ora et labora, prega e lavora. Non posso soffermarmi su una analisi specifica di cosa ci sia dietro questo motto e quindi mi limito a condividere alcune riflessioni. Il lavoro è un luogo fortemente educativo: soprattutto oggi, dove sono in crisi molte agenzie educative tradizionali (Chiesa, Politica, Scuola). Siccome le persone passano gran parte del loro tempo al lavoro o pensando al lavoro, occorre chiedersi a cosa vogliamo educare coloro che stanno con noi? Solo all’efficienza, alla produttività o anche a qualcos’altro?

Il lavoro è un ambiente fortemente politico, nel senso che dietro ogni prodotto creato e ogni servizio erogato ci sta una idea di essere umano che volgiamo portate avanti e una idea di mondo che vogliamo costruire. Quale idea di essere umano ci guida? Quale mondo vogliamo costruire? Che relazioni vogliamo vivere? Il lavoro, anche quello più tecnico, e tutti luoghi in cui si svolge diventano quindi attori sociali e non solo economici.  Non per nulla è nata da poco una disciplina chiamata Algoretica, la riflessione etica sugli algoritmi e l’intelligenza artificiale.

Dalla persona centrata al lavoro virtuoso

Nella Regola di San Benedetto, ci sono tre parole usate per descrivere il lavoro: Opus, Labor e Ars. L’Opus ha a che fare con la dimensione spirituale e di senso (preghiera e studio). Il Labor indica il lavoro manuale. L’Ars indica la parte dell’arte o dell’artigiano, dove la componente creativa ha un peso importante. Tramite l’Opus io modifico me stesso, mi rendo una persona migliore.

Tramite il Labor modifico o creo un oggetto. Per San Benedetto però anche il Labor ha una componente di Opus (miglioramento di se stessi) e quindi mentre lavoro concretamente devo migliorare anche me stesso e non solo creare buoni prodotti o servizi.

L’Ars è al servizio di questo miglioramento di me stesso e delle cose. È molto interessante notare che il termine Ars latino ha la stessa radice Ar di una parola greca Arethé che significa appunto Virtù. In un linguaggio più moderno potremmo parlare di potenzialità, di competenze, di abilità, soft skills, di attitudine dell’essere umano a far bene il bene.

Quando ad esempio diciamo che un musicista ha fatto un virtuosismo, intendiamo che è riuscito a portare alla massima espressione se stesso, lo strumento che suona e il brano che ha eseguito. Analogamente divenire virtuosi sul lavoro significa portare alla pienezza di realizzazione la nostra persona, le persone con cui abbiamo a che fare; significa far bene le cose, creare prodotti ed erogare servizi che siano belli, funzionali, sostenibili e tutto ciò a cui oggi si cerca di dare importanza. Essere una persona centrata ha a che fare con l’essere e con l’esserci, comprende la sensibilità e il coraggio di guardare con occhi diversi, di trovare connessioni nuove, affinché la nostra fioritura e del mondo che ci circonda possano realizzarsi insieme. 

Chi è

Padre Natale Brescianini nasce in provincia di Brescia nel 1971. Frequenta il Liceo Classico e la Teologia presso il Seminario diocesano di Brescia. Nel 1996 entra nella Comunità Benedettina Camaldolese presso l’Eremo di San Giorgio a Bardolino (VR). Dal 1998 al 2001 frequenta il Pontificio Istituto Sant’Anselmo (Roma), dove ottiene la Licenza in Teologia, Specializzazione Studi Monastici. Emette la professione monastica solenne nel 2003. Completa la formazione trascorrendo un anno (2003-2004) nel monastero camaldolese a Berkeley (California – USA) e lavorando come impiegato in una azienda veronese (2004-2006).

Dal 2006 è impegnato nella realizzazione di percorsi formativi che si rifanno alla Regola di San Benedetto e come co-docente in alcune giornate formative in collaborazione con la società Askesis. Dal luglio 2007 vive presso l’Eremo di Monte Giove. Nel Maggio 2013 ottiene il Diploma di Coach presso la Scuola Incoaching. Dal Maggio 2016 è Coach ACC (Associeted Certified Coach) presso ICF (International Coach Federation). Ora si dedica in modo specifico alla formazione aziendale e al Coaching.

    Richiesta Informazioni

    Compila il modulo e sarai ricontattato al più presto


    Informativa Privacy

    Dichiarare di aver preso atto dell'informativa sul trattamento dei dati personali selezionando la casella: "Acconsento al trattamento dei dati personali"
    This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.

    Per inviare la richiesta, clicca su Invia e attendi il box verde di conferma.Riceverai inoltre un'email di riepilogo.

    News correlate