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“I risultati ci danno ragione. Per crescere serve lavorare insieme, non dividere”

Mai come oggi il risultato non è scontato. Le elezioni regionali del 26 gennaio segneranno uno spartiacque tra passato e futuro. In caso di vittoria “storica” del partito di Matteo Salvini, tutte e tre le “regioni locomotiva” del Paese passeranno a trazione leghista, completando un antico disegno della classe dirigente di via Bellerio e ipotecando le sorti dell’attuale governo.
contro una riconferma dell’attuale amministrazione guidata da Stefano Bonaccini, su cui pesa però la decisione del Movimento 5 Stelle di correre con una lista separata, darebbe ragione alla linea intrapresa dal PD regionale: ascolto e condivisione, apertura al partito del PIL e alle esigenze dell’imprenditoria locale.
vista della sfida che segnerà il futuro della nostra regione abbiamo raggiunto i due candidati per porgli lo stesso numero di domande su altrettanti argomenti. Ecco le risposte del presidente in carica, Stefano Bonaccini.

Presidente, secondo un’analisi condotta da Confartigianato Emilia-Romagna, nel periodo 2014 2020 attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale, la regione ha stanziato 185 milioni di euro di risorse disponibili alle imprese. Ritiene che ci siano i margini per stabilire una quota di risorse FESR 2021/2027, appositamente dedicato alle micro e piccole imprese, ovvero al 96% del tessuto imprenditoriale emiliano romagnolo?
«Già oggi il 70% del Programma Fesr è destinato alle PMI, risorse a sostegno dell’accesso al credito, dell’internazionalizzazione, degli investimenti produttivi e di quelli in ricerca e l’innovazione. Ma capisco bene il senso della domanda: dobbiamo dedicare attenzione e specifiche ad artigiani, commercianti, ecc. che trovano nell’accesso ai bandi o nelle linee di finanziamento un ostacolo oggettivo. Stiamo lavorando in questa direzione con le misure di sostegno al credito, con quelle per la rivitalizzazione dei centri storici delle aree colpite dal sisma o con quelle per la montagna, per fare tre esempi concreti. È una strada che abbiamo aperto proprio per le attività piccole e piccolissime, cruciali non solo per il loro volume complessivo, ma anche per quello che rappresentano nel tessuto economico e sociale delle nostre comunità. Per queste ragioni e sulla base di queste esperienze la prossima programmazione dovrà andare proprio in questa direzione».

A proposito di aree montane, sull’Appennino modenese e reggiano esistono aree scarsamente popolate. Come è possibile invertire questa tendenza incentivando aziende e giovani a costruire un futuro in questi?
«Dal 2015 abbiamo investito 1 miliardo di euro sulla nostra montagna, sia per rafforzare e svilupparne le potenzialità, sia per evitare fenomeni di abbandono. In questi mesi ho visitato oltre 60 Comuni del territorio montano: per la prima volta, nell’ultimo decennio, si è interrotta l’emorragia della popolazione, registrando in molti casi addirittura una inversione di tendenza. Naturalmente non è un dato omogeneo e si tratta di sostenere con forza questa presenza perché significa tante cose insieme: sopravvivenza delle comunità, cura del territorio, sicurezza. Solo se la montagna sta bene sta bene anche la pianura. Per incentivare la presenza di residenti e imprese – le due cose vanno sempre di pari passo – stiamo sperimentando da quest’anno nuove misure: la più rilevante è il dimezzamento dell’Irap per le imprese dell’Appennino, che nel caso di nuove attività diventa addirittura un sostanziale azzeramento: parliamo di 36 milioni di euro per il prossimo triennio tutti a carico della Regione; poi un bando specifico per le giovani coppie che vogliono comprare casa in montagna o ristrutturare la propria, con contributi a fondo perduto fino a 30 mila euro: in questo caso abbiamo messo in gioco 10 milioni di euro. Anche le risorse del PSR hanno permesso di contribuire all’obiettivo, con misure a sostegno della nascita di imprese non agricole in montagna, e con misure, in questo caso rivolte a tutto il territorio regionale, per sostenere l’avvio o il consolidamento di aziende agricole under 40. Infine, abbiamo concepito misure specifiche o premialità per sostenere i servizi pubblici e privati: da ultimo un contributo per i Comuni che vogliono aprire un nuovo servizio di nido, e sono già 3 in montagna quest’anno».

Regione Emilia-Romagna si è dimostrata reattiva verso i centri urbani colpiti dal terremoto del 2012. Superata l’emergenza del terremoto, crede sia possibile estendere un piano di rilancio per tutti i centri abitati dell’Emilia-Romagna con meno di 30mila abitanti, favorendo l’insediamento di attività artigianali e commerciali?
«Per gli attuali 30 Comuni del cratere abbiamo investito 49milioni di euro, che si sommano ai 35 milioni di credito d’imposta delle zone franche urbane: abbiamo coinvolto complessivamente 1700 piccole e piccolissime imprese. La ricostruzione post sisma è stata un’esperienza molto complessa ma anche istruttiva: alcune tipologie di intervento sperimentate potranno senz’altro essere riprodotte su scala regionale, tra cui queste per le imprese. A sostegno della rete commerciale, distributiva e dei servizi, peraltro, abbiamo investito 26 milioni di euro prestando un’attenzione specifica alle zone montane, rurali e ai piccoli centri. E, grazie alla modifica della principale legge di settore (LR 41/1997), ora possiamo assegnare contributi agli operatori commerciali per la riqualificazione e l’ammodernamento di strutture commerciali, di bar e ristoranti e per l’offerta di nuovi servizi o prodotti. Un bel passo avanti e nel 2020 avremo a disposizione 4 milioni. Per sostenere ulteriormente questo settore, infine, anche la maggiore autonomia che abbiamo richiesto sarà decisiva: penso in particolare alla riqualificazione urbana, dove intendiamo semplificare e armonizzare le norme e contiamo di poter programmare con risorse certe nel tempo».

Tra le richieste della nostra associazione ricorre quella di una incisiva lotta all’abusivismo e alla contraffazione. In questo senso quali impegni si sente di poter assumere verso le tante attività che rispettano normative e leggi in vigore?
«Siamo impegnati a contrastare con tutte le nostre forze abusivismo e contraffazione perché danneggiano l’economia, favoriscono le organizzazioni criminali, incoraggiano l’evasione fiscale e il lavoro nero. Dal 2016 con le associazioni imprenditoriali e di categoria e con i Comuni realizziamo nelle località costiere imponenti e capillari campagne per sensibilizzare cittadini e turisti, disincentivando gli acquisti di merce contraffatta.  Le campagne – realizzate in sinergia con le Prefetture- sono state affiancate da un’azione delle forze dell’ordine e degli Enti locali che sul litorale regionale ha già dato risultati estremamente positivi, portati ad esempio anche dal precedente Governo. Ovviamente non basta, l’attenzione su questi temi va mantenuta alta e le azioni di contrasto vanno estese a tutto il territorio regionale per colpire l’abusivismo conclamato, ma anche ogni altra forma di elusione delle norme che crei concorrenza sleale a danno degli operatori del settore. In Emilia-Romagna produciamo e vendiamo qualità, inevitabilmente siamo appetibili per la contraffazione su entrambi i fronti, necessariamente dobbiamo alzare la soglia di controllo e contrasto».

Parliamo di formazione. La nostra associazione denuncia uno squilibrio nei fondi destinati alla formazione e all’impiego. Su un totale di quasi 800 milioni di euro previsti nella pianificazione del Fondo Sociale europeo (FSE) per il periodo 2014/2020, solo il 7% era destinato all’adattabilità di lavoratori e imprenditori, cioè ad aggiornare le competenze degli occupati. Alla luce della grande trasformazione del mondo del lavoro, non crede sia utile apporre dei correttivi nella destinazione di questi fondi?
«Sono pienamente d’accordo, la formazione di chi è occupato, soprattutto in questa fase, è decisiva. L’emergenza di questi ultimi anni è stata la disoccupazione, che ha dettato le priorità di programmazione condivise al tavolo del Patto per il lavoro, ma ora lo scenario è mutato e dobbiamo cambiare. Alcune esperienze le abbiamo maturate: col bando del 2016 abbiamo messo a disposizione 10 milioni di euro, coinvolto 19mila persone occupate e 4.000 imprese (di cui il 99% PMI).  E ulteriori 10 milioni di euro sono stati stanziati nel 2019. In ogni caso massima disponibilità a ragionare su quanto e come mettere nel prossimo Programma Operativo FSE, che nella complementarietà coi Fondi interprofessionali possa rispondere alle esigenze di aggiornamento e qualificazione dei lavoratori, degli imprenditori e dei professionisti. Ma da una parte serve sensibilizzare le imprese affinché riconoscano il valore della formazione e dunque possano cogliere le opportunità che potremo mettere in campo, e in questo chiedo aiuto anche a voi, che avete una grande attenzione; dall’altra – e lo stiamo già facendo – occorre  agire  a livello nazionale ed europeo sulla normativa in materia di aiuti di stato, perché incrementare le competenze degli  imprenditori  in una regione come la nostra non  rappresenta solo un vantaggio  per l’impresa ma per tutta la collettività».

Continua a leggere l’intervista al presidente di Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, su “Imprese & Territorio”

 

 

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