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«Immagino Modena Fiere laboratorio di nuove idee»

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5 Agosto 2020 Stampa

Nominato direttore di Fiere di Modena a giugno 2019, Marco Momoli ha una lunga carriera come manager maturata a Bologna Fiere, il secondo polo fieristico italiano per ricavi e valore aggiunto dopo Fiera Milano. Lo abbiamo raggiunto per un’intervista per l’ultimo numero di “Imprese & Territorio”.

Direttore, come sta reagendo Modena Fiere alla crisi innescata da Covid-19?
«Abbiamo avuto un impatto pesante perché di fatto siamo stati costretti a chiudere il quartiere da fine febbraio. Fortunatamente siamo riusciti a realizzare Modena Antiquaria, dopodiché siamo rimasti chiusi fino ad adesso. Quello delle fiere è stato tra gli ultimi settori a ricevere le indicazioni per la riapertura. Le linee guida dell’Emilia Romagna sono uscite con l’Ordinanza del 3 luglio, quindi teoricamente ora potremmo ripartire ma il problema vero sono le imprese. Mi spiego. Avevamo in calendario una grande manifestazione, Play, posticipata da aprile a settembre… Purtroppo, dopo una serie di verifiche con gli operatori, le imprese ci hanno comunicato che il mercato non offre le condizioni per lo svolgimento dell’evento. Lo sposteremo quindi al 2021. Ci sono altre situazioni su cui invece sembra che si riesca ad andare avanti. Ad inizio settembre il Gater, poco dopo Motor Gallery e poi la Fiera di Modena, posticipata ad ottobre».

Ritiene che il sistema fieristico, da cui passa circa la metà dell’export delle piccole e medie imprese italiane, sia stato sostenuto debitamente dal governo?
Il presidente di Verona Fiere, Giovanni Mantovani, intervistato da Repubblica, ha definito gli aiuti contenuti nel DL Rilancio – 30 milioni – un caffè.

«Non voglio fare polemica. Mi permetto però una constatazione. Sono state fatte delle richieste al governo, non solo da parte dei quartieri fieristici ma anche dalla Conferenza delle Regioni, dai presidenti di regione Bonaccini, Zaia e Fontana. Richieste di sostegno per centinaia di milioni di euro. È chiaro che quanto arrivato sino adesso è molto poco, ma ci aspettiamo che le cose si aggiustino. Il sistema fieristico è indispensabile per le ricadute sui territori, e per la sua funzione di servizio al mondo imprenditoriale. Sono canali attraverso cui le imprese più piccole, che fanno fatica a sviluppare i propri canali commerciali, riescono a farsi conoscere. È chiaro che noi siamo stati pesantemente penalizzati, anche perché la nostra attività dipende da altri fattori come la possibilità di viaggiare. Le fiere hanno bisogno di fiducia e questa a causa del Covid è venuta a mancare. Ora i tempi di ripresa sono lunghi e abbiamo sicuramente bisogno di aiuto. Il fatturato perso da marzo a settembre 2020 non si recupererà e stiamo ancora aspettando di capire cosa sarà possibile fare da settembre in avanti».

In una stagione non certo felice, si è tornati a parlare di aggregazioni. In particolare della probabile fusione tra Italian Exhibition Group che raggruppa le fiere di Rimini e Vicenza, e Bologna Fiere. Un matrimonio che ha già incassato il parere favorevole dei sindaci di Bologna e Rimini. Un’operazione importante…
«Da questo punto di vista non posso che ribadire quella che è la posizione di Bologna Fiere. Riteniamo che ci sia una utilità nel processo aggregativo dei poli fieristici».

Dettata dall’emergenza?
«No. Di aggregazione si è parlato anche negli anni precedenti. È un’operazione sul tavolo da tempo. È sempre stato uno dei punti su cui anche la Regione e il presidente Bonaccini, hanno sempre insistito. Quel che succede è che in situazioni come questa può essere che le condizioni maturino più facilmente o più velocemente, un certo tipo di analisi. Ricordiamo infatti che siamo ancora in una fase di analisi».

Ma in questo senso Modena Fiere non rischia di fare la fine del famoso “vaso di coccio”?
«No, assolutamente. Le fiere di Bologna, Modena e Ferrara fanno parte di uno stesso, grande gruppo. È chiaro che Modena non è Bologna. Modena può coprire e può rispondere alle necessità e ai bisogni di un certo tipo di manifestazioni e di mercato. Personalmente, l’ho detto dall’inizio e ne sono convinto, una delle chiavi di volta per questo polo è quello di sviluppare eventi e manifestazioni legate al territorio e ai suoi valori. Una zona così ricca offre grandi possibilità. Percorrendo questa strada, non c’è alcun problema in vista dell’aggregazione».

Ha già qualcosa in mente?
«Se avverrà l’aggregazione, Modena potrebbe diventare un “laboratorio” in cui sperimentare format fieristici nuovi, nati su impulso di contatti internazionali. Nuovi eventi che se dovessero avere successo e crescere, dato che oltre una certa dimensione qui non possiamo andare, potrebbero avere un seguito altrove».

Questa settimana (il 6 luglio ndr.) RFI, il Ministero dei Trasporti e il Comune di Reggio Emilia, hanno annunciato alla stazione MedioPadana di Reggio Emilia, un importante progetto di investimento pubblico privato per potenziare collegamenti intermodali e aumentare i parcheggi. Come sarà coinvolta Fiere di Modena?
«Non saremo coinvolti direttamente, ma il progetto annunciato ci riguarda molto. Noi siamo baricentrici tra Bologna e Reggio. È chiaro che un potenziamento della stazione MedioPadana per noi è fondamentale e non può che giovare allo sviluppo del territorio».

Quale evento fieristico le piace, o prende a modello?
«Intanto bisogna dire che gli italiani sono maestri nell’organizzare fiere. Magari abbiamo dei problemi legati all’ambiente che circonda le fiere. In Italia penso a Cosmoprof o EIMA, sono manifestazioni di livello mondiale, esempi di ottima organizzazione e contenuti offerti. Sempre a Bologna lo stesso si può dire per manifestazioni più piccole come la fiera del libro per ragazzi. Il luogo dove sono stati venduti per la prima volta i diritti editoriali di Harry Potter e dove circa il 90% degli espositori provengono dall’estero. In generale ammiro le fiere capaci di offrire un servizio al mercato in termini di valore aggiunto, siano essi consumatori o espositori, e di essere allo stesso tempo capaci di mostrare la novità e l’innovazione del mercato».

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