Pensiamo ad aziende alimentari e soprattutto a chi lavora per horeca (alberghi, ristoranti, bar, catering), a lavanderie industriali e a ditte di pulizie.
Cos’è la catena di fornitura?
Ecco la definizione: un sistema di organizzazioni, persone, attività, informazioni e risorse coinvolte nel processo atto a trasferire o fornire un prodotto o un servizio dal fornitore al cliente. In parole povere se un’attività vende i suoi prodotti o servizi in modo esclusivo a un’altra impresa che viene chiusa o penalizzata dal Dpcm è ovvio che a sua volta venga penalizzata. Ovvio per tutti, ma non per il Governo. Facciamo qualche esempio concreto: un’azienda alimentare che non vende tramite negozi o grande distribuzioni ma per il circuito della ristorazione, oppure una lavanderia industriale che fornisce servizi ad alberghi e ristoranti. Bene, queste realtà non vedranno un centesimo pur vedendo il fatturato andare a picco.
È evidente che servono contributi per chi non può lavorare o almeno subisce danni, ma oltre a tenere presente tutti (pensiamo anche a tutto il commercio al dettaglio, che subirà danni importanti specie per chi lavora nei centri storici ma che è completamente dimenticato) è anche opportuno gestire le risorse impegnate con un’ottica che vada oltre il puro assistenzialismo. E’ importante distribuire risorse che vengano il più possibile rimesse in circolo per dare lavoro ad altre imprese e sostenere tutta l’economia. Perché, ad esempio, non far sì che siano le regioni a individuare le categorie da sostenere ed evitare un intervento statalista che rischia di avere una visione parziale del problema?.