Nel decreto aiuti varato dal Governo ci sono misure di buon senso, che vanno nella direzione di alleviare il caro bollette e il caro carburanti, anche in favore del mondo dell’autotrasporto. Ma i 6 miliardi spesi a pioggia con un bonus da 200 euro per chi guadagna meno di 35mila euro l’anno ci lascia molto perplessi. Era meglio, anche stavolta, evitare i bonus una tantum e finalizzare queste risorse nel taglio del cuneo fiscale. Solo un minor costo del lavoro può incentivare la competitività delle aziende e mettere più denaro anche nelle tasche dei lavoratori.
Il presidente Gilberto Luppi analizza l’ultimo decreto del Governo, che peserà sulle casse dello Stato per 14 miliardi.
Non si tratta di dire che questi 200 euro non servano a nulla, ma di certo non sono risolutivi e d’altro canto sono solo l’ultimo di una serie infinita di bonus più o meno utili e utilizzati. La logica del cosiddetto ‘helycopter money’ ci pare non risponda alle esigenze di un Paese che ha bisogno di lavoro e di imprese competitive sui mercati.
La pandemia prima e ora la guerra stanno segnando in modo profondissimo le imprese e riuscire a rimanere aperti è sempre più difficile. Ma senza imprese che competono, che innovano, che producono beni e servizi, siamo destinati a un rapido declino e non ci sarà ‘bonus terme’ che tenga. È chiaro che diminuire il cuneo fiscale in modo strutturale è la soluzione. Darebbe sollievo alle imprese e premierebbe il lavoro vero, non la speculazione o i furbetti.
Siamo a pochi giorni dal primo maggio, ma dovremmo sempre ricordarlo. Le imprese e specialmente quelle che restano sul territorio, formate da persone che vivono e lavorano in pochi chilometri, producono ricchezza per tutti, tutti i giorni.