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Sapelli: “Spirito artigiano rilancia un’idea di lavoro ricca di senso”

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5 Agosto 2022 Stampa

Giulio Sapelli è instancabile…e per fortuna aggiungiamo noi. L’ultima iniziativa dell’economista, professore, saggista, è il sito internet “Spirito Artigiano”, un luogo di riflessione che si propone di raccogliere “idee e testimonianze per un artigianato che trasforma l’Italia”. Un’iniziativa nata su impulso della Fondazione che porta il nome del fondatore di Confartigianato, Manlio Germozzi, e di cui Sapelli è presidente. 

Professor Sapelli, cos’è Spirito Artigiano e quale obiettivo si pone?
«Lo dice il nome stesso. Rappresenta un invito a crescere in spiritualità e profondità culturale. Far conoscere al mondo cos’è l’artigianato e chi sono gli artigiani. Persone che creano e accrescono  il patrimonio spirituale dell’umanità. Vogliamo uscire da una visione materialistica e ridare una dignità culturale e spirituale che gli artigiani hanno sempre avuto. La fondazione ha avuto un grande presidente, Manlio Germozzi, del quale io indegnamente seguo le orme, che aveva questa sensibilità anche profondamente religiosa. Intendiamoci, Spirito Artigiano si fonda su basi laiche, scientifiche, economiche e culturali, ma con un surplus rivolto principalmente alle giovani generazioni che rappresentano il mio grande cruccio». 

In che senso?
«Credo che l’artigianato debba parlare ai giovani e dare loro una speranza». 

Mancava un luogo di riflessione all’interno della nostra Confederazione?
«Direi che manca ancora adesso. Ci sono i luoghi deputati alla formazione, alla discussione economica, politica e sindacale. Io mi auguro che Spirito Artigiano sia un luogo dove si discuta dei problemi dell’umanità e della spiritualità umana così come sappiamo noi, aggregando intorno a Confartigianato un gruppo di intellettuali, imprenditori e imprenditrici, che lavorano sul territorio per il bene comune». 

Un proposito che sembra rifarsi alla regola benedettina…
«Certamente. È la regola benedettina». 

Quali sono i principi a cui si deve ispirare la rappresentanza datoriale oggi?
«Manca una linea di principio perché non c’è ancora stato un approfondimento culturale profondo. Gli uomini e le donne che lavorano in Confartigianato si dedicano ancora troppo poco alla riflessione culturale. Bisogna essere degli intellettuali organici e bisogna pensarsi come classe dirigente. Quindi bisogna dedicare parte della discussione a temi umanistici. Senza questi approfondimenti seguiremo visioni meccanicistiche, come fu Rete Impresa Italia. Bisogna invece crescere in statura, ma riflettendo approfonditamente su temi umanistici. Anche per questo in Spirito Artigiano trovano spazio voci come quelle del sociologo Mauro Magatti e tanti altri che hanno come fine una visione più globale ed umanistica della realtà». 

A proposito di grandi temi, la formazione scolastica e l’incapacità di far incontrare domanda ed offerta rimane un aspetto critico del nostro sistema…
«Dobbiamo uscire dalla visione che attribuisce disvalore al lavoro manuale. Pensi per un momento alla Cappella Sistina. Quando Dio incontra l’uomo, incontra la sua mano. Già Michelangelo, nel suo genio, indicava come nel lavoro manuale risieda tutta la spiritualità dell’uomo. Una proposta possibile è che l’Italia segua l’esempio francese, cioè che tutte le scuole superiori diventino Licei. Questo perché il nostro mondo si nutre anche di immagini e perché la tecnologia rischia di relegare gli istituti tecnici e professionali all’emarginazione». 

Cambiamo argomento. Come legge l’attuale scenario internazionale?
«Per ciò che riguarda la guerra russa in Ucraina è evidente come non eravamo pronti a quanto accaduto. Ora dobbiamo sconfiggere i russi, perché quella russa nei confronti dell’Ucraina è un’aggressione, ma come hanno detto alcuni voci illuminate, quali quella del filosofo Jürgen Habermas o di Papa Francesco, bisogna anche negoziare. È essenziale ricostruire un’atmosfera per arrivare ad un nuovo trattato di Helsinki del 1975, che richiami tutte le grandi potenze e i paesi che non hanno votato la risoluzione dell’ONU contro la Russia, a riprendere la strada della coesistenza pacifica. Le sanzioni economiche sono un colossale errore che distruggeranno il tessuto industriale europeo prima e quello americano poi. Quindi bisogna pronunciarsi, come fa la Francia, contro le sanzioni economiche. L’Italia deve essere più decisa, aiutare militarmente l’Ucraina, ma allo stesso tempo rifiutare le sanzioni economiche». 

Di mezzo però ci sono gli Stati Uniti…
«Anche la signora Yellen, Segretaria del Tesoro USA, ha detto chiaramente al presidente Biden che le sanzioni rischiano di far schizzare alle stelle il prezzo del petrolio, compromettendo la sua rielezione alle elezioni di medio termine. La gente non sa che i prezzi delle materie prime sono fissati dalla finanza, non dalla politica. Se aumentano per un paese, aumentano per tutti. Inoltre avvantaggerà i paesi più forti che si impossesseranno delle industrie dei paesi economicamente più fragili, come sta avvenendo in Italia da molti decenni». 

Un altro fattore di forte instabilità è generato dalla politica dei “contagi zero” perseguita dalla Cina. Una politica che sta strozzando le catene globali del valore… 
«La Cina è un paese che si va avviando verso la decomposizione. Xi Jinping ha perso la lotta politica all’interno del partito perché ha fallito sul Covid. Quindi la Cina ha davanti a sé un periodo di grandi rivolgimenti che ancora non sono visibili, ma lo saranno presto. Tra questi, la fuga dei capitali americani dal paese. Quindi è ora di dire basta ad una subalternità con una dittatura spietata e terroristica. Naturalmente dalla globalizzazione non si torna indietro, ma quella che si sta prefigurando sarà una globalizzazione su aree economiche “significative”. Un processo lungo e doloroso perché si innesta su una transizione energetica folle e imposta dall’alto, che non valuta le conseguenze negative dell’abbandono dell’auto a motore a scoppio a favore dell’elettrificazione che non porterà ne’ lavoro, ne’ maggiore efficienza nei trasporti».

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