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La gestione dei rifiuti nell’edilizia

13 minuti di lettura
22 Luglio 2016 Stampa

Nelle attività di demolizione e costruzione di edifici e di infrastrutture si producono dei rifiuti che, tentando una semplificazione, possono essere suddivisi in tre categorie:

– rifiuti propri dell’attività di demolizione e costruzione, escluso il materiale escavato, aventi codici CER 17 XX XX
– rifiuti dall’attività di escavazione aventi codici CER 17 XX XX (a parte è trattato il caso delle terre da scavo che NON sono rifiuti a certe condizioni)
– rifiuti prodotti nel cantiere connessi con l’attività svolta (ad esempio rifiuti da imballaggio,…) aventi codici CER 15 XX XX
– componenti riusabili direttamente (travi di acciaio, tegole, coppi, rubinetti, serramenti, radiatori, …..) che, pertanto, non sono rifiuti

rifiuti da escavazione e rifiuti da cantiere

Pare opportuno distinguere tra i rifiuti da escavazione (che rientra tra le attività di un’impresa edile) e gli altri rifiuti da cantiere per la gestione radicalmente diversa delle due tipologie.

La distinzione tra le due macro categorie di rifiuti non è un esercizio accademico: la distinzione fisica sul luogo di produzione è determinante per definire la natura e la destinazione dei rifiuti stessi. Infatti, il materiale inerte da demolizione può essere un cumulo indifferenziato di materiale di vario genere (si vedono ancora purtroppo cumuli da cui spuntano tubature in eternit!) o può essere costituito da cumuli distinti di materiale del tutto omogeneo. Le modalità di lavoro all’interno del cantiere hanno incidenza determinante sulla composizione dei rifiuti e sulla possibilità del loro riutilizzo. Per fare un esempio pratico, adottare la demolizione selettiva può facilitare il recupero degli inerti, previo idoneo trattamento, come materiali da costruzione in sostituzione degli inerti naturali.

Importante è l'eventuale pericolosità dei rifiuti dei cantieri: possono aversi rifiuti pericolosi sia tra i rifiuti da costruzione e demolizione (ad esempio l’amianto in matrice cementizia) sia tra i rifiuti da escavazione (ad esempio terre che contengono sostanze pericolose). Per queste tipologie di rifiuti la destinazione prevalente è la discarica.

Deposito temporaneo

Quello che in azienda si definisce semplicemente “stoccaggio“ ai fini della norma vigente si distingue in:
preliminare: operazione di smaltimento, definita al punto D15 dell’Allegato D alla Parte Quarta del Codice Ambientale, che necessita di apposita autorizzazione provinciale;
temporaneo (vedi oltre) messa in riserva: operazione di recupero, definita al punto R13 dell’Allegato C alla Parte Quarta del Codice Ambientale, che necessita di comunicazione provinciale nell’ambito delle procedure di recupero dei rifiuti in forma semplificata.

La peculiarità delle imprese del settore edile che le differenzia, ai fine della gestione dei rifiuti, dalle imprese di altri settori, è che sono costituite da una sede amministrativa/legale, da uno o più cantieri di estensione variabile e di durata circoscritta nel tempo, da eventuali magazzini deposito per la miglior logistica dell’attività.
maggior parte dei casi, il rifiuto si produce nell’area di cantiere. In attesa di essere portato alla destinazione finale, il rifiuto viene depositato. Il deposito temporaneo è disciplinato dal Codice Ambientale che ne individua puntualmente le caratteristiche.

In generale sarebbe opportuno porre il deposito dei rifiuti al riparo dagli agenti atmosferici e se polverulenti va evitato il trasporto eolico.
, si richiama l’attenzione sull’opportunità del deposito dei rifiuti separati per tipologie: è importante, in modo particolare in presenza di rifiuti pericolosi, non solo perché è indice di accurata gestione degli scarti ma anche perché la norma italiana vieta espressamente la miscelazione dei rifiuti pericolosi tra loro e con i rifiuti non pericolosi.

Registro di carico e scarico e MUD

I produttori di rifiuti sono tenuti a compilare un registro di carico e scarico dei rifiuti. Nel registro vanno annotati tutti i rifiuti nel momento in cui sono prodotti (carico) e nel momento in cui sono avviati a recupero o smaltimento (scarico). I rifiuti propri dell’attività di demolizione e costruzione, purchè non pericolosi, sono esentati dalla registrazione; questo si desume dal combinato disposto di tre articoli del Codice Ambientale: Art. 190 comma 1, Articolo 189 comma 3, articolo 184 comma 3. In generale si può dire che i codici 17XXXX non pericolosi possono non essere registrati. Alcuni organi di controllo ravvisano in soli due codici 170101 e 170904 i rifiuti che si possono non registrare. Il modello di registro è attualmente quello individuato dal DM 1/04/1998. Il registro va conservato per cinque anni dall’ultima registrazione.
entro il 30 aprile, il produttore di rifiuti pericolosi effettua la comunicazione MUD alla Camera di Commercio della provincia nella quale ha sede l’unità locale.

Trasporto

Per trasporto si intende la movimentazione dei rifiuti dal luogo di deposito, che è presso il luogo di produzione, alla destinazione finale, sia essa impianto di recupero o impianto di smaltimento.

Per il trasporto corretto dei rifiuti il produttore del rifiuto deve:

– compilare un formulario di trasporto
– accertarsi che il trasportatore del rifiuto sia autorizzato se lo conferisce a terzi o essere iscritto come trasportatore di propri rifiuti
– accertarsi che l’impianto di destinazione sia autorizzato a ricevere il rifiuto

I tre adempimenti

Formulario di trasporto:
rifiuti devono essere sempre accompagnati da un formulario di trasporto emesso in quattro copie dal produttore del rifiuto ed accuratamente compilato in ogni sua parte. Il modello di formulario da utilizzare è quello del DM 145/1998. Il formulario va vidimato all’Ufficio del Registro o presso le CCIAA prima dell’utilizzo: la vidimazione è gratuita. L’unità di misura da utilizzare è, a scelta del produttore, chilogrammi, litri oppure metri cubi. Se il rifiuto dovrà essere pesato nel luogo di destinazione, nel formulario dovrà essere riportato un peso stimato e dovrà essere barrata la casella “peso da verificarsi a destino”.

Autorizzazione del trasportatore:
movimentazione dei rifiuti può essere fatta in proprio o servendosi di ditta terza. In entrambi i casi il trasportatore deve essere autorizzato.

Qualora il produttore del rifiuto provveda in proprio al trasporto è tenuto a:
Autorizzazione dell’impianto di destinazione: nel momento in cui ci si appresta a trasportare il rifiuto dal luogo di deposito, il produttore ha già operato la scelta sulla destinazione del rifiuto.

Impianti di recupero

I rifiuti propri dell’attività di demolizione e costruzione possono essere recuperati e possono essere utilizzati nuovamente come materie prime secondarie nei processi costruttivi. Il recupero può avvenire se, all’origine, i rifiuti posseggono alcune caratteristiche intrinseche e se sono sottoposti a precise operazioni. La definizione puntuale delle tipologie di rifiuti che possono essere recuperati, delle caratteristiche che debbono possedere, delle fasi di recupero e dei prodotti ottenibili sono contenute nel DM 5/2/1998 (e succ. mod. ed int.).

Una buona gestione di un impianto di recupero prevede che le aree di stoccaggio dei rifiuti e dei prodotti recuperati siano ben delineate e distinte, che il personale sia formato sulle operazioni tecniche da eseguire sul rifiuto, dalle quali dipendono strettamente le caratteristiche merceologiche del prodotto recuperato e la rispondenza ai requisiti di legge. Il rifiuto cessa di essere tale dopo essere passato attraverso le operazioni di recupero e dopo che sono state verificate le sue caratteristiche chimico/fisiche/merceologiche. La verifica di queste caratteristiche è stabilita in maniera puntuale dal DM 5/2/98 (e succ. mod. ed int.), con riferimenti alle norme tecniche internazionali. Particolare cura deve essere rivolta alla compilazione del registro di carico e scarico dell’impianto: esso deve rappresentare una fotografia aggiornata della gestione dei rifiuti.

Il produttore che intenda inviare i propri rifiuti a recupero deve:
rnaccertarsi preliminarmente che l’impianto sia in possesso di debita autorizzazione in corso di validità e che tra i codici CER autorizzati vi sia quello del proprio rifiuto;
un’analisi sul rifiuto almeno ogni due anni (DM 5/2/98 e succ. mod. ed int. Art. 8 comma 4)

Terre e rocce da scavo

Dal 21 agosto 2013 è nuovamente cambiata la norma di riferimento per utilizzare come sottoprodotti i materiali da scavo di tutti i cantieri (piccoli compresi). Fanno eccezione solo quelli sottoposti a Valutazione integrata ambientale (di seguito VIA) o Autorizzazione integrata ambientale (di seguito AIA) che per quantitativi superiori ai 6000 mc rimangono sottoposti al regolamento di cui al DM 161/2012 che prevede la presentazione del Piano di Utilizzo.
nuove disposizioni sono contenute nell’articolo 41-bis (Ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo) del “Decreto del fare”, convertito nella legge 98/2013, in vigore dal 21 agosto 2013.

L’articolo citato detta nuove disposizioni in materia di terre e rocce da scavo, indicando come gestire i materiali da scavo a cui non si applichi il DM 161. In base all’articolo 41 bis i materiali da scavo sono sottoposti al regime di cui all’articolo 184-bis del Dlgs 152/2006 (quindi al regime dei sottoprodotti e non a quello dei rifiuti) per qualunque quantitativo, proveniente da cantieri, le cui opere non sono soggette ad AIA o VIA, per quantità inferiori o uguali ai 6000 mc anche per opere soggette a VIA ed AIA. Tutto ciò a condizione che il produttore attesti, attraverso una dichiarazione (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi del DPR 445/2000) alle sedi ARPAT territorialmente competenti, alcune condizioni fondamentali, quali, ad esempio, che:

– la destinazione di riutilizzo delle rocce e terre da scavo sia certa e determinata, anche presso più siti
– siano rispettate le concentrazioni soglia di contaminazione compatibili con il sito di destinazione e non vi sia pericolo di contaminazione per le acque di falda
– l'utilizzo non comporti rischi per la salute o variazioni negative delle emissioni rispetto alle normali materie prime
– i materiali da scavo non siano sottoposti a preventivi trattamenti fatta eccezione per la normale pratica industriale

Nell’autocertificazione il proponente dovrà altresì indicare, oltre alla qualità, la quantità di materiali destinati al riutilizzo, il sito di deposito e i tempi previsti per il riutilizzo (indicativamente un anno). Il completo riutilizzo dei materiali da scavo deve essere poi comunicato dal produttore alle sedi ARPA competenti sul territorio.
attività di scavo devono essere autorizzate dagli enti competenti in quanto attività edilizie e quindi il processo di autocertificazione dovrà comunque essere coordinato, a cura del proponente, con l’iter edilizio. Il trasporto (comma 4) avviene come bene/prodotto.

ARPAT ha predisposto la modulistica da utilizzare per la gestione delle terre e rocce da scavo.

Il sistri nei cantieri edili

Il Ministero dell'Ambiente ha chiarito che i cantieri mobili di durata superiore a sei mesi che producono rifiuti pericolosi oppure rifiuti non pericolosi di cui all'art. 184, comma 3, lettere c), d) e g) del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono considerati a tutti gli effetti come "unità locali" e, quindi, sono obbligati ad iscriversi al SISTRI, a pagare il contributo previsto nell'Allegato II del decreto e a dotarsi del dispositivo USB.

I cantieri mobili di durata superiore a sei mesi che producano esclusivamente rifiuti non pericolosi derivanti da attività di demolizione, costruzione ed attività di scavo, non sono obbligati ad aderire al SISTRI.

I cantieri mobili di durata inferiore a sei mesi non sono obbligati ad aderire al SISTRI, solo qualora non dispongano di tecnologie adeguate per l'accesso al Sistema SISTRI (un personal computer e una connessione ad internet).

RAEE: decreto che definisce le regole del ritiro “uno contro zero”

È stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 157 del 7 luglio 2016, il Decreto 31 maggio 2016, n. 121, recante “Regolamento recante modalità semplificate per lo svolgimento delle attività di ritiro gratuito da parte dei distributori di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) di piccolissime dimensioni, nonchè requisiti tecnici per lo svolgimento del deposito preliminare alla raccolta presso i distributori e per il trasporto, ai sensi dell'articolo 11, commi 3 e 4, del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49”.

Il presente decreto disciplina le modalità semplificate per il ritiro gratuito, da parte dei distributori, dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) di piccolissime dimensioni (al di sotto dei 25 cm), provenienti dai nuclei domestici e conferiti dagli utilizzatori finali, senza obbligo di acquisto di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) di tipo equivalente (criterio di ritiro dell'uno contro zero) e in particolare definisce:

a) le procedure per il conferimento dei RAEE di piccolissime dimensioni da parte degli utilizzatori finali
) i requisiti tecnici per allestire il luogo di ritiro all’interno dei locali del punto vendita del distributore o in prossimità immediata di essi
) i requisiti tecnici e le modalità per lo svolgimento del deposito preliminare alla raccolta dei RAEE ritirati ai sensi della lettera a)
) i requisiti tecnici per il trasporto dei RAEE di piccolissime dimensioni dal deposito preliminare alla raccolta di cui alla lettera c) fino ad un centro di raccolta oppure ad un impianto di trattamento

Dall'entrata in vigore del provvedimento (22 luglio 2016) chi vorrà smaltire un piccolo elettrodomestico, come una lampada o un telefonino, potrà portarlo in un grande negozio: ai gestori dell’esercizio commerciale il compito di smaltirlo a norma di legge.

La normativa proposta trova un precedente specifico ed un criterio ispiratore nel decreto 8 marzo 2010, n. 65, riguardante, però, il ritiro da parte dei distributori delle apparecchiature elettriche ed elettroniche secondo il criterio dell’ “uno contro uno”, a differenza, perciò, del criterio previsto nel regolamento in questione, che è quello dell’ “uno contro zero”.

Il decreto, secondo quanto stabilito all’art. 2, si applica nei confronti dei distributori dei:

a) distributori con superficie di vendita di AEE al dettaglio di almeno 400 mq, obbligati ai sensi dell’articolo 11, comma 3 del D.Lgs. n. 49 del 2014 ad effettuare il ritiro dei RAEE di piccolissime dimensioni provenienti dai nuclei domestici secondo il criterio dell’ “uno contro zero”;
) distributori con superficie di vendita di AEE al dettaglio inferiore a 400 mq che, pur non essendo obbligati, intendano effettuare il ritiro dei RAEE di piccolissime dimensioni provenienti dai nuclei domestici secondo il criterio dell’ “uno contro zero”;
) distributori che effettuano vendite mediante tecniche di comunicazione a distanza, comprese la televendita e la vendita elettronica, ai sensi dell’articolo 22, comma 2 del D.Lgs. n. 49 del 2014 che, pur non essendo obbligati, intendano effettuare il ritiro dei RAEE di piccolissime dimensioni provenienti dai nuclei domestici secondo il criterio dell’ “uno contro zero”.

Il ritiro dei RAEE provenienti dai nuclei domestici diversi da quelli di piccolissime dimensioni restano disciplinati ai sensi dell’articolo 11, commi 1 e 2 del citato D.Lgs. n. 49 del 2014 e dal decreto ministeriale n. 65 del 2010.
esclusi dall’ambito di applicazione del presente decreto i RAEE professionali, diversi quindi da quelli provenienti dai nuclei domestici.

I distributori possono rifiutare il ritiro di un RAEE di piccolissime dimensioni nel caso in cui questo rappresenti un rischio per la salute e la sicurezza del personale per motivi di contaminazione o qualora il rifiuto in questione risulti in maniera evidente privo dei suoi componenti essenziali e se contenga rifiuti diversi dai RAEE. In tal caso il conferimento è effettuato ai sensi dell’articolo 12, comma 4, del D.Lgs. n. 49 del 2014.

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