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Economia circolare: identikit di un sistema economico votato alla produttività e all’efficacia

19 Maggio 2021 Stampa

Se volessimo trovare una definizione efficace di “Economia Circolare” potremmo dire che si tratta di:

“un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi, consistente in condivisione, riutilizzo, riparazione e riciclo di materiali e prodotti il più a lungo possibile riducendo quindi al massimo gli sprechi e contrapponendosi a un sistema di tipo lineare dove il fine di vita di un prodotto è la discarica”.

Ecco, dietro questa breve e – apparentemente – semplice definizione c’è un mondo fatto di sfide che possono trasformarsi in opportunità per le imprese.

Ma facciamo un passo indietro e analizziamo qualche dato. A discapito di quel che si pensa l’Italia è uno dei paesi più avanzati su questo fronte. Il rapporto 2021 di Circular economy Network ha esaminato i risultati raggiunti nell’ambito della produzione, del consumo, della gestione circolare dei rifiuti oltre che degli investimenti e dell’occupazione nel riciclo, nella riparazione e nel riutilizzo comparando tra loro i principali paesi europei. “L’indice di performance sull’economia circolare” conferma nel 2020 la prima posizione dell’Italia con 79 punti, seguita dalla Francia, Germania , Spagna e Polonia.

L’Italia tra i paesi virtuosi

Per la produttività delle risorse, il nostro Paese crea il maggiore valore economico per unità di consumo di materia: ogni kg di risorsa consumata genera 3,3 € di PIL. Ecco come quello che viene considerato rifiuto in questo paradigma diventa valore. D’altro canto attraverso il voto espresso dal Parlamento Europeo lo scorso febbraio è entrato in vigore il Circular Economy Action Plan che indica il concetto di circolarità come “strumentale” per raggiungere l’obiettivo UE di neutralità climatica entro il 2050, rimarcando una serie di misure relative all’intero ciclo di vita dei prodotti agendo sia a valle per prevenire la produzione di rifiuti trasformandoli in risorse oltre che trasparenza e responsabilizzazione per i consumatori relativamente alla durata e durabilità dei prodotti,  che a monte agendo tramite strumenti concreti come il design (il cosiddetto eco-design) oltre che l’introduzione di standard minimi obbligatori per gli appalti verdi delle pubbliche amministrazioni. 

Frans Timmermans, Il vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo ha così commentato la decisione: “Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, preservare il nostro ambiente naturale e rafforzare la nostra competitività economica, è necessaria un’economia completamente circolare. Oggi, la nostra economia è ancora per lo più lineare, con solo il 12% di materiali e risorse secondari riportati nell’economia. Molti prodotti si rompono troppo facilmente, non possono essere riutilizzati, riparati o riciclati o sono fatti solo per un singolo utilizzo. Esiste un enorme potenziale da sfruttare sia per le imprese che per i consumatori.”

I settori sul quale il piano si concentra sono quelli che utilizzano la maggior parte delle risorse e con forte potenziale di circolarità come elettronica e ICT (azioni contro l’obsolescenza programmata e per il trattamento e trattamento dei rifiuti); batterie e veicoli; packaging; materie plastiche; tessile-abbigliamento; costruzione ed edifici; alimentazione.

Il circular economy action plan sottolinea anche come circa l’80% degli impatti ambientali di un prodotto è determinato dalla sua progettazione. Per questo la Commissione europea vuole stabilire dei principi di sostenibilità e altre modalità adeguate per disciplinare gli aspetti seguenti:

  •  il miglioramento della durabilità, della riutilizzabilità, della possibilità di upgrading e della riparabilità dei prodotti, la questione della presenza di sostanze chimiche pericolose nei prodotti e l’aumento della loro efficienza sotto il profilo energetico e delle risorse;
  • l’aumento del contenuto riciclato nei prodotti, garantendone al tempo stesso le prestazioni e la sicurezza;
  • la possibilità di rifabbricazione e di riciclaggio di elevata qualità;
  • la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e ambientale;
  • la limitazione dei prodotti monouso e la lotta contro l’obsolescenza prematura;
  • l’introduzione del divieto di distruggere i beni durevoli non venduti;
  • la promozione del modello “prodotto come servizio” o di altri modelli in cui i produttori mantengono la proprietà del prodotto o la responsabilità delle sue prestazioni per l’intero ciclo di vita;
  • la mobilitazione del potenziale di digitalizzazione delle informazioni relative ai prodotti, ivi comprese soluzioni come i passaporti, le etichettature e le filigrane digitali;
  • un sistema di ricompense destinate ai prodotti in base alle loro diverse prestazioni in termini di sostenibilità, anche associando i livelli elevati di prestazione all’ottenimento di incentivi.

Fondamentale in questo contesto la responsabilizzazione dei cittadini rispetto a temi quali la riparabilità dei prodotti (diritto alla riparazione), la protezione contro l’ecologismo di facciata (greenwashing) e l’obsolescenza prematura, stabilire requisiti minimi per i marchi/loghi di sostenibilità e per gli strumenti di informazione.

Come si ripensa un prodotto in chiave sostenibile?

Ma come ripensare a un prodotto in chiave sostenibile? Una delle sfide iniziali è quella di riuscire a mappare tutte le risorse attualmente necessarie per la sua realizzazione , questo implica una profonda conoscenza dei processi all’interno della propria filiera cosi da riuscire a individuare i problemi come le opportunità, per farlo esiste uno strumento visuale necessario a  identificare i flussi delle risorse chiamato circularity compass. Una mappa in cui queste hanno un ingresso e delle strategie di chiusura del ciclo.

Altro passaggio è quello che riguarda la progettazione di un prodotto o servizio tenendo conto dell’intero ciclo di vita di quest’ultimo, per applicare i principi dell’ecodesign ai processi produttivi viene in aiuto la metodologia LCA (Life Cycle Assessment – Valutazione del Ciclo di Vita), un approccio che valuta l’impatto ambientale di questi lungo tutto il loro ciclo di vita. Attraverso la misurazione delle emissioni di CO2 e l’utilizzo di risorse la LCA consente di valutare, quantificare ed interpretare le relazioni che intercorrono tra le azioni umane e l’ecosistema, e il conseguente impatto su di esso. Oggi, la procedura per l’esecuzione di questa metodologia è standardizzata da dalle norme ISO 14040:2006 e ISO 14044:2018.

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