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Reggio Emilia – Infortuni in cantiere: calano ma soltanto perché manca lavoro

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27 Novembre 2015 Stampa

Condurre le imprese in un percorso di qualità, che migliori le condizioni di lavoro riducendo gli infortuni e le malattie professionali.

Fornire ai lavoratori una formazione meno scolastica, ma più orientata sul problema dei rischi da evitare. Fare in modo che le conferenze di cantiere siano finalizzate a impartire le istruzioni non solo sui compiti assegnati a ciascuno, ma anche sulle norme di sicurezza da rispettare. Sono questi i principali suggerimenti scaturiti dal seminario dal titolo "Obblighi formali con uno sguardo al futuro", tenuto ieri mattina dall' Associazione per la sicurezza edilizia (un ente privato sostenuto dalle organizzazioni imprenditoriali Ance, Aniem, Cna, Confcooperative, Lapam, Legacoop e dai sindacati di categoria) nell' auditorium del centro Loris Malaguzzi.

Gli infortuni sul lavoro si sono dimezzati negli ultimi dieci anni. Nel 2014 hanno provocato otto morti nella nostra provincia, che s' è collocata al 57esimo posto in Italia con un' incidenza di 33,7 casi ogni milione di occupati. Quest' anno nei soli cantieri edili si sono contati finora 160 infortuni, con due morti. Sono circa le stesse cifre del 2014, inferiori però a quelle dei primi anni Duemila. La causa della diminuzione, infatti, è da cercare nella crisi economica, che ha infierito soprattutto sull' edilizia, il settore che registra la maggiore rilevanza di vittime e malattie professionali. Basti dire che alla Camera di Commercio sono iscritte ora ottocento imprese edili contro le duemila del periodo pre-recessione. Perciò la guardia non viene abbassata nè dagli organi di vigilanza di Inail e Ausl nè da quelli, come l' Ase, che si propongono di prevenire gli incidenti nell' interesse dei lavoratori e delle stesse imprese.

«Il nostro compito – spiega Susanna Zapparoli, direttrice dell' Ase – è un' azione preventiva di accompagnamento delle imprese. Cerchiamo di evidenziare i rischi che si corrono e di dare suggerimenti per migliorare la situazione. Uno dei maggiori ostacoli è la fretta con cui si lavora, che spinge a trascurare le misure di sicurezza. Inoltre non è facile farsi capire dai molti lavoratori stranieri. Gli infortuni più gravi sono quelli causati da cadute dall' alto e da seppellimento nelle frane di scavi non puntellati. Il 53% degli incidenti dipende da mancata adozione dei dispositivi di protezione individuali. Le cinture, ormai, vengono indossate, gli elmetti molto meno". In ogni cantiere il controllo spetta al coordinatore per la sicurezza. I sindacati insistono affinchè, nella catena degli appalti, la responsabilità di un infortunio faccia sempre capo al primo appaltatore. «Di fatto – obietta Susanna Zapparoli – in tali casi viene sanzionato solo il diretto appaltatore. Legalmente la responsablità spetta a chi sta immediatamente sopra. Siamo di fronte a catene troppo lunghe, che hanno alla base lavoratori sottopagati»

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