Il nostro viaggio comincia dal villaggio artigiano di Viale Emilio Po, il cuore del boom economico modenese. Qui, più che altrove, sopravvive il ricordo di un'epoca in cui vita lavorativa e privata si confondevano: da una parte i capannoni, dall'altra le residenze di dipendenti e lavoratori, le chiese e i campetti sportivi.
Qui hanno ancora sede alcune attività conosciute in tutt'Italia come la Panini, ma soprattutto piccole e micro imprese che hanno contribuito a costruire il benessere del capoluogo.
Oggi molte cose sono cambiate, a partire dalla ferrovia ormai in disuso che separa questo quartiere dal resto della città.
attività hanno abbassato le saracinesche a causa della crisi, alcune si sono convertite in insoliti luoghi di aggregazione, mentre l'antica formula del "casa e bottega" ha lasciato spazio a un mix multiculturale che meriterebbe un capitolo a parte di questo nostro racconto.
Passando in macchina tra le vie del piccolo e glorioso centro industriale si rimane però colpiti dall'incuria e dal degrado in cui versa.
cassonetti dell'immondizia sono circondati da rifiuti ingombranti – e in alcuni casi pericolosi – e lungo i vialetti che costeggiano i cancelli delle imprese, cartacce e bottiglie di plastica giacciono sull'asfalto ingrigite dal tempo.
«Spesso arrivano camion o furgoncini che vengono chiaramente da fuori dal villaggio artigiano e scaricano impunemente i loro rifiuti – racconta a Lapam Franco Cevolini, socio titolare della CRP una delle aziende più innovative e prestigiose del villaggio di Modena Ovest -. Abbiamo anche segnalato più volte questa cosa, però continuiamo a riscontrare questo tipo di comportamento che è veramente brutto perché ne va della nostra immagine. All'estero queste cose non succedono. Io mi reco in posti dove è tutto tenuto alla perfezione, il verde è tenuto bene e soprattutto c'è pulizia. Quello che fa più specie è vedere il livello di sporcizia che c'è lungo le nostre strade».
Cevolini non è l'unico a lamentare l'incuria dell'area che da tempo attende una riqualificazione adeguata capace di conciliare le esigenze di abitanti e imprenditori. Anche Alberto Salvalai, titolare della SEA, ditta storica del villaggio, la pensa allo stesso modo aggiungendo:
«Nella mia via, così come in quelle limitrofe, si vive in uno stato di insicurezza totale».