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Energia e rincaro delle bollette, cosa sta succedendo?

5 minuti di lettura
16 Settembre 2021 Stampa

Nella giornata di ieri il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, ha esortato il governo ad intervenire per calmierare la corsa del prezzo dell’energia. Un’escalation apparentemente inarrestabile, cominciata già da alcuni mesi e su cui – per ciò che riguarda le imprese – il governo è già intervenuto con il cosiddetto “decreto sostegni“, destinando 600 milioni per la riduzione delle spese delle utenze elettriche connesse in bassa tensione, diverse dagli usi domestici.

“Le piccole imprese italiane pagano già il prezzo dell’energia più alto d’Europa, superiore del 18,1% rispetto alla media Ue. Ulteriori rincari, come annunciato dal Ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, metterebbero ko i nostri imprenditori penalizzati anche dai continui aumenti delle materie prime”. Ha dichiarato Granelli in un comunicato stampa.

Ma a cosa sono dovuti questi aumenti? Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Le cause

Come rilevato da ENEA (l’Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo tecnologico) nella sua relazione trimestrale, “la ripresa economica ha prodotto un rimbalzo dei consumi globali di energia. La ripresa dei consumi si è concentrata sulle fonti fossili, con conseguente rimbalzo anche delle emissioni globali di CO2. A contrastare queste tendenze vi sono però diversi fattori: la perdurante incertezza sull’evoluzione della pandemia, i fortissimi aumenti dei prezzi delle materie prime, i problemi nelle catene di fornitura delle filiere industriali e nella logistica. Un freno alla ripresa dei consumi di energia può venire poi dalla crescita rapida e senza precedenti dei prezzi del gas e quindi dell’elettricità sui mercati all’ingrosso, dovuta in parte a ragioni contingenti ma supportata anche dai livelli record dei prezzi dei permessi di emissione (ci arriviamo ndr.), destinati a persistere con l’accelerazione delle politiche climatiche”.

Focalizzando l’attenzione sul nostro Paese, gli analisti dell’Agenzia evidenziano come le temperature più rigide registrare ad aprile 2021, così come il caldo record dei mesi estivi, l’incremento del PIL (+17%) e della produzione industriale (+34%) degli ultimi mesi, hanno determinato una crescita della domanda di energia del 24% e delle emissioni di anidride carbonica del 25%, causando un nuovo aumento delle bollette rispetto a luglio 2021 di oltre il 30% per il gas e del 20% per la corrente elettrica. Aumento previsto già dal 1° ottobre (quando scatterà il nuovo anno termico, cioè i contratti industriali di fornitura energetica ndr.).

Il rincaro dell’energia riguarda tutt’Europa e i prezzi medi delle borse elettriche europee sono alle stelle. Per questo, da più parti, viene richiesto un intervento in sede europea. In particolare per ciò che riguarda l’impennata del costo della CO2 e dei prezzi dei permessi di emissione.

Il problema degli ETS

Come segnalato da autorevoli fonti di stampa in questi giorni, tra i principali fattori di instabilità c’è infatti il forte aumento dei prezzi dei permessi di emissioni di CO2, scambiati tramite l’Emission Trading System (ETS), il sistema creato nel 2005 dall’Unione Europea per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per i Paesi membri. Nelle intenzioni del legislatore europeo questo sistema dovrebbe stimolare gli investimenti in tecnologie meno inquinanti, portando al progressivo abbandono di fonti fossili come il gas naturale, utilizzato – tra le altre cose – per produrre energia elettrica.

Ma come funziona l’ETS? Come spiegato sul sito dell’Unione, entro i limiti fissati, le imprese “acquistano o ricevono quote di emissione che, se necessario, possono scambiare. La limitazione del numero totale garantisce che le quote disponibili abbiano un valore. Alla fine di ogni anno gli impianti devono restituire un numero di quote sufficiente a coprire interamente le loro emissioni se non vogliono subire pesanti multe. Se un impianto riduce le proprie emissioni, può mantenere le quote inutilizzate per coprire il fabbisogno futuro, oppure venderle a un altro impianto che ne sia a corto”.

Gli aumenti dei prezzi di emissione (da 25 euro nel 2020 a 61 euro nel 2021, secondo i dati riportati dal Sole 24 Ore ndr.) stanno avendo pesanti ripercussioni sulle società che producono energia da combustibili fossili che a loro volta si ripercuotono sui consumatori. L’aumento delle emissioni e l’innalzamento degli obiettivi UE, stanno insomma penalizzando la ripresa.

La strategia del governo

La nostra associazione ha richiesto al governo una riduzione della componente fiscale sulla bolletta elettrica per le piccole imprese. Il prezzo finale dell’elettricità è infatti gonfiato soprattutto dagli oneri fiscali e parafiscali che, per la fascia di consumi fino a 20MWh, sono maggiori del 36,2% rispetto a quelli applicati nella media dei Paesi dell’eurozona.

Questa soluzione potrebbe essere adottata già nel prossimo decreto legge allo studio del governo, seguito da un intervento strutturale da inserire nella prossima Legge di Bilancio (in queste ore si parla di bonus sociali, taglio dell’IVA e di un prelievo sui proventi delle aste ETS ndr.). Un intervento utile a calmierare momentaneamente la situazione, al prezzo di un ulteriore aumento del deficit, ma che lascia irrisolti gli interrogativi di chi richiede una visione di politica industriale di lungo periodo.

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