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La carica del fintech. Ecco perché conviene conoscerlo

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4 Agosto 2021 Stampa

L’anno della pandemia sembra aver sdoganato definitivamente le ultime diffidenze nei confronti della finanza alternativa. A dimostrarlo sono i dati presentati dal Politecnico di Milano e dalla relazione annuale di Italia Fintech, l’associazione che riunisce le più innovative aziende operanti nel settore, su impieghi e prestiti concessi alle imprese tra il 2020 e il primo trimestre 2021. Tra gennaio e marzo del 2021, come raccontato dal Sole 24 Ore, l’ammontare delle operazioni è quasi triplicato rispetto allo stesso periodo del 2020, da circa 230 milioni a oltre 637 milioni (+177,6%) per un totale di 1.795 imprese finanziata, erano 676 a inizio 2020, perlopiù di piccola e media dimensione. Come vedremo, una goccia rispetto all’ammontare complessivo degli impieghi, ma comunque un segno inequivocabile dei tempi. Le tecnologie digitali messe a disposizione delle società fintech e la semplificazione degli aspetti procedurali, ha reso sempre più appetibile questo canale di approvvigionamento.  

Di questo e molto altro si è discusso in un webinar (disponibile qui sul nostro canale YouTube) insieme a Fabio Bolognini esperto e socio fondatore di Workinvoice, società fintech specializzata nel mercato dell’anticipo fatture tramite la cessione del credito e a Paolo Pasqualetti, direttore di Artigiancredito. Bolognini ha inquadrato la finanza alternativa nella più ampia cornice del cosiddetto “credit crunch” letteralmente stretta sul credito. Per circa un decennio l’erogazione del credito bancario è calato di quasi il 30%, passando da 916 miliardi a gennaio 2011, a 669 miliardi a gennaio 2021.
All’inizio di marzo 2020, complice la crisi innescata da Covid-19, si è assistito ad una ripresa degli impieghi, trainati dalle richieste delle grandi imprese che hanno richiesto le garanzie concesse dal Fondo Centrale di Garanzia. Circa due milioni di domande per 153 miliardi complessivi.

«Ma attenzione – precisa Bolognini – i nuovi prestiti ammontano a circa 45 miliardi, mentre i restanti 110 sono vecchi prestiti con nuove garanzie dello Stato». Un escamotage utile soprattutto alle banche. Da giugno 2019 a gennaio 2021 si assiste poi ad un altro fenomeno provocato dalla pandemia, cioè la crescita (+17%) del credito a 6 anni e il contestuale crollo di quello a breve termine (-31%), tipicamente imputabile all’anticipo fatture e allo sconto delle RiBa (ricevute bancarie ndr.). L’effetto dei due decreti “Cura Italia” e “Liquidità” offre quindi ai grandi gruppi industriali la sostituzione di vecchi prestiti con nuovi garantiti dallo Stato e lo spostamento del credito da breve a medio termine.

Come detto dei 669 miliardi di impieghi bancari verso società non finanziarie, il grosso va alle medie e grandi imprese, mentre una quota stimabile intorno ai 150 miliardi è destinato alla piccola e media impresa. Rispetto a questi numeri – precisa Bolognini – la finanza alternativa è una goccia nel mare, che ha messo a disposizione del sistema produttivo 5,5 miliardi di euro (ripartiti in 4 miliardi di minibond e 1,5 miliardi per le restanti tipologie ndr.). A differenza però del sistema bancario classico, la finanza alternativa non disdegna la piccola impresa. Chi opera nella finanza alternativa ha anzi indirizzato proprio a questa tipologia d’impresa la propria vocazione. Inoltre, a livello di flussi, negli ultimi 12 mesi la finanza alternativa cresce di 2 miliardi di impieghi contro i -25 miliardi del canale tradizionale.

Quando nasce?

La finanza alternativa in Italia nasce con la regolazione “light” per le emissioni obbligazionarie, i cosiddetti minibond, nel giugno 2012. L’anno successivo nascono le prime piattaforme fintech per i finanziamenti alle imprese e per lo smobilizzo dei crediti commerciali, sulla base di esempi simili nati negli USA e nel Regno Unito. Ma quali sono gli elementi che permettono lo sviluppo dei canali alternativi al credito bancario? Come detto in premessa un ruolo cruciale è giocato dal digitale. Grazie all’utilizzo di tecnologie di nuova generazione (API, AI e algoritmi per i processi commerciali e per l’analisi dei rischi), ai costi contenuti e all’usabilità offerta ai clienti, il fintech attira il forte interesse di investitori privati e istituzionali, in un momento di bassi rendimenti offerti dalla finanza tradizionale. Tuttavia la finanza alternativa presenta anche degli svantaggi in termini di costi e alla forte tendenza ad essere altamente selettiva nei confronti delle aziende che vi si rivolgono. Infine è più pericolosa o meglio, volatile se vogliamo usare un termine tecnico. Gli investitori infatti possono togliere il loro supporto con una certa rapidità. 

Ma cosa fa nel concreto la finanza alternativa?

Sostanzialmente quello che un tempo facevano le banche tradizionali. Si scontano le fatture con le piattaforme di invoice trading o per le imprese più strutturate con il reverse factoring; si ottengono finanziamenti a breve termine attraverso minibond collocati a banche, Confidi e  investitori istituzionali; si ottiene credito a 3/5 anni, garantito oggi anche grazie a Mediocredito Centrale e Sace, si finanziano progetti immobiliari e si possono emettere obbligazioni in luogo di  mutui o finanziamenti. Per la parte di capitale di rischio, grazie alle piattaforme di crowdfunding si possono infine predisporre operazioni difficilmente immaginabili fino a poco tempo fa. Ma tutto questo è alla portata della piccola e micro impresa italiana? Nì, secondo Bolognini: «quasi sempre queste soluzioni si rivolgono a società di capitali, ma negli ultimi tempi si stanno aprendo anche a soluzioni rivolte a società di persone e alle ditte individuali». Per questo, aggiungiamo noi, è bene inserire rapidamente nozioni sul mondo fintech nella propria cassetta degli attrezzi. 

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