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Lezioni utili per ripartire dopo Covid-19

4 minuti di lettura
4 Agosto 2021 Stampa

La cosiddetta “nuova normalità” ha accelerato la consapevolezza tra le imprese dell’importanza di essere online, di avere un e-commerce, di essere presenti, raggiungibili, riconoscibili. E allo stesso tempo, se ancora ce ne fosse bisogno, ha reso evidente come le abitudini di acquisto dei clienti (quindi le nostre) si siano modificate con la frequentazione sempre più assidua di marketplace ed e-commerce. Il digitale ha creato nuovi mercati, cambiando i tempi e le regole del business, ma – e questa è la notizia positiva – non ha cambiato quelle del marketing. Per essere efficaci tanto un’azienda manifatturiera, quanto una pizzeria, devono sapere come creare, comunicare e distribuire valore ai clienti, utilizzando empatia ed intelligenza.
Qualche mese fa ne abbiamo parlato con Gianluca Diegoli, uno dei massimi esperti in materia, in un webinar gratuito che ora trovate qui sul nostro canale YouTube. 

Un buon e-commerce parte da una domanda

Non esiste una soluzione valida per tutti ma, secondo Diegoli, alcuni trend aiutano a mettere a fuoco i cambiamenti in atto. Nel 2020 l’e-commerce è cresciuto del 50% rispetto al 10-20% all’anno del periodo pre Covid. Un balzo che proietta il commercio elettronico e le capacità delle imprese di implementare canali di vendita online sui propri siti, di 4-5 anni rispetto al passato. Tecnologie, investimenti e servizi dedicati hanno visto un vero e proprio boom e questo nonostante il calo di un settore tradizionalmente attento all’online come il turismo.
Ma, secondo il fondatore di Digital Update, c’è un dato forse ancor più notevole da considerare: le ricerche su Google. Il digitale si conferma sempre più uno strumento di valutazione delle opportunità commerciali. Se qualche anno fa Google stimava una media di quattro ricerche prima dell’acquisto, oggi non è più così. Questo numero è letteralmente esploso e per questo, aggiunge Diegoli, avere un e-commerce non significa automaticamente ottenere i risultati sperati. Diventa piuttosto indispensabile un’analisi comparativa tra offerte simili e una chiara definizione di quale valore aggiunto proponiamo al mercato di riferimento.

Se da una parte strumenti come Shopify, la piattaforma canadese che consente in pochi clic di aprire un negozio online, ha assecondato i cambiamenti imposti dalla pandemia, dall’altra rimane intatta una barriera al successo. «Se non riesco ad essere utile a un segmento di clienti – sostiene Diegoli – se non risolvo loro un “problema”, è inutile essere online». Il tema non è quindi essere presenti su Amazon, o avere un e-commerce, bensì soddisfare un’esigenza, risolvere una problematica, sollevare il cliente da un’incombenza. Ecco spiegato il boom della spesa online o dei servizi di consegna a domicilio di cibo per animali offerti ad abbonamento. Morale? Non basta vendere un prodotto per essere competitivi online, bisogna ripensare il proprio posizionamento

Le domande da porsi

Secondo l’autore di “Svuota il carrello” (UTET 2020) per farlo è bene partire da alcune domande. Una su tutte è legata ai proprio concorrenti. Chiedersi: “chi sono davvero i miei competitors?” aiuta a comprendere quali servizi hanno implementato, pensiamo ad esempio alla customer care, o a farsi un’idea su come investono il loro budget destinato all’advertising. Quest’analisi può partire dalle pagine web per estendersi alle diverse proposte su Amazon o Ebay.
La nostra strategia dovrà poi differenziarsi se la nostra proposta commerciale è quella di un rivenditore di prodotti terzi, per cui nel mare magnum dell’online i margini si riducono, o piuttosto quella di un produttore di prodotti propri, per cui – in teoria – è più semplice individuare una nicchia di mercato disposta ad acquistare.

Mai partire senza un business plan

Dopo questa accurata fase di “autoanalisi” e benchmarking si può cominciare a disegnare la propria presenza online. Ma, secondo Diegoli, anche qui è bene seguire un metodo. Spendere tutte le proprie risorse sul sito, dimenticandosi di destinare una parte consistente del budget all’impianto pubblicitario, rischia infatti di vanificare tutti gli sforzi compiuti. Avere testi e immagini curate, campagna advertising ben costruite e un servizio di assistenza al cliente perfettamente funzionante, sono gli ingredienti indispensabili per avere un ritorno adeguato sull’investimento. Per questo, dopo aver fatto un business plan a prova di bomba, il suggerimento dell’esperto è quello di rifarsi al cosiddetto schema dei quattro quarti: ¼ delle risorse destinato alla piattaforma online, ¼ alla pubblicità, ¼ alla cura dei contenuti e ¼ alla customer care.
Dopo aver pianificato l’investimento, magari facendosi aiutare da agenzie di marketing specializzate, è importante individuare dei ruoli specifici come ad esempio quelli dello store manager, del referente alla customer care, dell’advertising manager e così via. È poi importante capire come funzionano i meccanismi che regolano la pubblicità online, così come in generale quelli dei social media.  Infine non bisogna mai interrompere la ricerca di nuovi trend, tendenze e prodotti, per cui – fortunatamente – possiamo farci aiutare da specialisti come Gianluca Diegoli.

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