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Siccità: i settori ad alto consumo d’acqua e gli sprechi della rete

L’attuale grave siccità causata dal forte calo delle precipitazioni in questa prima parte del 2022 ha portato alla dichiarazione dello stato di emergenza per l’Emilia-Romagna.

I settori produttivi che necessitano di maggiori quantità d’acqua

L’agricoltura è il più grande utilizzatore di acqua, con 11,9 miliardi di metri cubi destinati all’irrigazione dei terreni e alla zootecnia. Segue la produzione di energia elettrica, che per il raffreddamento degli impianti utilizza 18,5 miliardi di metri cubi di acqua. Di questi l’88,1% proviene dal mare e il restante 11,9% dalle acque interne – come corsi d’acqua, canali e pozzi, ma anche acquedotti industriali, acque di recupero da altri processi produttivi degli stabilimenti vicini e impianti di depurazione delle acque reflue. Per il consumo di acqua dolce per uso potabile vengono prelevati 9,2 miliardi di metri cubi. La manifattura, compreso l’estrattivo, consuma 3,8 miliardi di metri cubi, con un utilizzo di 5,9 litri di acqua per ciascun euro di produzione realizzata.

I settori manifatturieri più idro-esigenti sono quello estrattivo con 21,7 litri utilizzati per euro di produzione venduta, seguito dal tessile (20,9 litri per euro), petrolchimica (17,5 litri per euro), farmaceutica (14,1 litri per euro), gomma e materie plastiche (12,4 litri per euro), vetro ceramica, cemento, ecc. (11,2 litri per euro), carta (10,1 litri per euro) e prodotti in metallo (7,4 litri per euro).

Questi dieci comparti manifatturieri con una più elevata intensità di utilizzo dell’acqua concentrano il 69,3% dei consumi delle imprese di produzione, con un utilizzo pari a 12,1 litri di acqua per euro di produzione (più del doppio della media). In questi operano 2.418 imprese modenesi e 1.891 imprese reggiane, con quasi 56mila addetti totali.

Le inefficienze del sistema idrico

Non tutta l’acqua immessa viene effettivamente erogata agli utenti finali. Nel 2020 nei comuni capoluogo di Modena e Reggio Emilia si è disperso rispettivamente il 36,7% e il 24,3% dell’acqua immessa in rete (contro il il 29,9% medio regionale).

Le elevate perdite della rete degli acquedotti sono causate dal mancato ammodernamento delle infrastrutture idriche. In Italia la spesa pubblica per la gestione dell’acqua – si tratta della spesa per approvvigionamento idrico e trattamento delle acque reflue – nel 2020 ammonta a 1.549 milioni di euro, pari a 26 euro per abitante. Nel confronto europeo questa cifra è circa un terzo dei 72 euro della spesa media Ue, e ampiamente inferiore rispetto ai 59 euro della Spagna, i 70 euro della Germania e i 115 euro della Francia. Inoltre in dieci anni la spesa pubblica per la gestione dell’acqua in Italia si è ridotta di un terzo (-32,9%), in Francia è stata costante (+0,1%) e in Germania è salita del 30,6%.

Dall’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono attesi interventi per garantire la gestione sostenibile delle risorse idriche. Il Piano, all’interno della missione ‘rivoluzione verde e transizione ecologica’, mette a disposizione 4.380 milioni di euro , di cui 2.000 milioni per infrastrutture idriche primarie, 900 milioni per ridurre le perdite nelle reti di distribuzione, 880 milioni per investimenti nell’agrosistema e 600 milioni per investimenti in fognatura e depurazione. Questi ultimi si rendono necessari a fronte delle procedure di infrazioni comunitarie e le sentenze di condanna da parte della Corte di Giustizia europea (la condanna della Corte del luglio 2012 si riferisce ad un inadempimento ad una direttiva di 31 anni fa!).

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