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La gestione dei rifiuti in campo edile

8 minuti di lettura
6 Maggio 2021 Stampa

In campo edile la materia è regolata da apposite normative e, a seconda della tipologia di rifiuto, si dovrebbe percorrere la strada più virtuosa per il suo smaltimento o, ancora meglio, per la sua gestione al fine di garantirne il riciclo/riutilizzo. Importante è anche l’approccio progettuale, che permetterebbe un ciclo virtuoso fin dal principio, con un uso razionale di risorse, l’utilizzo di materiali riciclabili e riciclati.

Definizione di rifiuto

Il rifiuto è “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia obbligo di disfarsi” (Art. 183 D. Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale” – e successive modifiche).

In edilizia i rifiuti sono i prodotti di scarto generati durante i vari processi edili che interessano un edificio nelle sue diverse fasi di vita: principalmente costruzione, ristrutturazione e demolizione. Una principale differenza tra i due “momenti”, riguarda la grande disomogeneità dei rifiuti in fase di demolizione.

Questo è il motivo per cui una prima e importantissima operazione (valida per qualsiasi scelta sulla metodologia di smaltimento e/o recupero di materiali) è quella di separare i diversi rifiuti, in quanto dovranno poi essere trattati e smaltiti in modi differenti.

I rifiuti vengono innanzitutto classificati per origine:

  • i rifiuti urbani sono quelli che provengono dalle attività domestiche o rifiuti che, per caratteristiche e qualità, sono assimilabili ai rifiuti domestici (col nuovo D.Lgs. 116/2020, viene estesa tale definizione);
  • i rifiuti speciali, invece, sono quelli che provengono dalle attività produttive.

A valle della classifica per origine c’è una successiva classifica in base alla pericolosità. Lo strumento utilizzato per classificare un rifiuto come pericoloso è l’Elenco Europeo dei Rifiuti CER. Ogni rifiuto è definito mediante un codice a 6 cifre, costituito da 3 coppie di numeri: la prima identifica la categoria o attività che genera i rifiuti, la seconda il processo produttivo e la terza il singolo rifiuto.

Bisogna ricordare che sono proprio le condizioni contrattuali che possono spostare le obbligazioni previste dalle normative dal committente all’appaltatore. Il produttore del rifiuto è sicuramente il committente, ma nel caso in cui le condizioni contrattuali prevedano la piena autonomia dell’appaltatore e la proprietà dei materiali derivanti dalle demolizioni, il produttore dei rifiuti diviene l’appaltatore stesso che dovrà adempiere ai dettati legislativi.

È pertanto importante che nella redazione dei contratti di appalto e degli elaborati grafici progettuali sia individuabile, con facilità e chiarezza, l’oggetto della prestazione richiesta all’impresa anche in relazione alla produzione dei rifiuti mediante le seguenti indicazioni:

  • rifiuti da demolizione e ricostruzione che a loro volta possono essere suddivisi in sottocategorie
  • terre e rocce da scavi

Risulta necessario che il tecnico incaricato dell’analisi chimica proceda, anche a seguito di prelievi di campioni e successive analisi di laboratorio, alla classificazione del rifiuto per redigere gli elaborati progettuali ed effettuare le scelte progettuali per la corretta gestione dei rifiuti (per la tabella dei codici CER si rimanda agli elenchi contenuti nella normativa).

Sarebbe opportuno che questa attività sia svolta in collaborazione con il Coordinatore alla Progettazione della Sicurezza (CSP), poiché lo stesso nella redazione del PSC deve “organizzare il cantiere”. In riferimento all’organizzazione del cantiere, il PSC contiene infatti, l’analisi dei seguenti elementi, lettera m) le zone di deposito attrezzature e di stoccaggio materiali e dei rifiuti (Allegato XV del D. Lgs. 81/2008 – Contenuti minimi dei PSC, punto 2.2.2).

Inoltre il CSP ha l’obbligo di analizzare i potenziali rischi sia per i lavoratori che per l’ambiente circostante in relazione alle attività e alle lavorazioni dello specifico cantiere quali inquinamento, contaminazione, esposizione dei lavoratori a terreni inquinati, a materiali derivanti da demolizione che rientrano nei rifiuti tossici e speciali etc. e la eventuale scelta delle modalità di stoccaggio dei rifiuti.

La collaborazione tra i professionisti, progettista e CSP, è importante in relazione alla eventuale individuazione dell’area di stoccaggio per il deposito temporaneo dei rifiuti.

Il deposito temporaneo

L’art. 183 comma 1 lett. m) del D.lgs. 152/2006 e s.m.i. definisce “Il deposito temporaneo” come: “il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti” con alcune condizioni appresso descritte.

Il luogo di ubicazione deve coincidere quindi con il luogo di produzione dei rifiuti edili e nel nostro caso si tratta del cantiere. Ne deriva che le condizioni obbligatorie e necessarie ai fini del deposito temporaneo dei rifiuti siano le seguenti:

  • i rifiuti depositati non debbono contenere agenti nocivi;
  • i rifiuti devono essere smaltiti secondo alcune modalità scelte dal produttore, a seconda che si tratti di rifiuto pericoloso o non;
  • il deposito temporaneo va effettuato per categorie omogenee di rifiuti nel rispetto delle norme tecniche, nonché per i rifiuti pericolosi nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; – devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura dei rifiuti pericolosi.

È possibile realizzare il deposito temporaneo solo nell’ambito del cantiere e non assolutamente in altre aree fuori dallo stesso e la movimentazione dei rifiuti all’interno delle aree private o comunque all’interno del cantiere non ha bisogno di alcuna autorizzazione.

Il nuovo D.lgs 116/2020 determina, oggettivamente, l’introduzione di una possibile deroga all’allestimento del deposito temporaneo nell’esatto luogo di produzione del rifiuto e all’obbligo del formulario per il trasporto del rifiuto alla sede legale od operativa. Non costituisce deroga il fatto che il deposito temporaneo sia, sempre e comunque, individuato nel solo esatto luogo di produzione del rifiuto.

Registro di carico e scarico e MUD

I produttori di rifiuti sono tenuti a compilare un registro di carico e scarico dei rifiuti. Nel registro vanno annotati tutti i rifiuti nel momento in cui sono prodotti (carico) e nel momento in cui sono avviati a recupero o smaltimento (scarico). I rifiuti propri dell’attività di demolizione e costruzione, purché non pericolosi, sono esentati dalla registrazione; questo si desume dal combinato disposto di tre articoli del Codice Ambientale: Art. 190 comma 1, Articolo 189 comma 3, articolo 184 comma 3. In generale si può dire che i codici 17XXXX non pericolosi possono non essere registrati. Alcuni organi di controllo ravvisano in soli due codici 170101 e 170904 i rifiuti che si possono non registrare. Il modello di registro è attualmente quello individuato dal DM 1/04/1998. Il registro va conservato per tre anni dall’ultima registrazione.
Entro il 30 aprile (salvo proroghe di anno in anno), il produttore di rifiuti pericolosi effettua la comunicazione MUD alla Camera di Commercio della provincia nella quale ha sede l’unità locale.

Trasporto

Per trasporto si intende la movimentazione dei rifiuti dal luogo di deposito, che è presso il luogo di produzione, alla destinazione finale, sia essa impianto di recupero o impianto di smaltimento.

Per il trasporto corretto dei rifiuti il produttore del rifiuto deve:

  • compilare un formulario di trasporto
  • accertarsi che il trasportatore del rifiuto sia autorizzato se lo conferisce a terzi o essere iscritto come trasportatore di propri rifiuti
  • accertarsi che l’impianto di destinazione sia autorizzato a ricevere il rifiuto

Formulario di trasporto: i rifiuti devono essere sempre accompagnati da un formulario di trasporto emesso in quattro copie dal produttore del rifiuto ed accuratamente compilato in ogni sua parte. Il modello di formulario da utilizzare è quello del DM 145/1998. Il formulario va vidimato all’Ufficio del Registro o presso le CCIAA prima dell’utilizzo: la vidimazione è gratuita. L’unità di misura da utilizzare è, a scelta del produttore, chilogrammi, litri oppure metri cubi. Se il rifiuto dovrà essere pesato nel luogo di destinazione, nel formulario dovrà essere riportato un peso stimato e dovrà essere barrata la casella “peso da verificarsi a destino”.

Autorizzazione del trasportatore: la movimentazione dei rifiuti può essere fatta in proprio o servendosi di ditta terza. In entrambi i casi il trasportatore deve essere autorizzato.

Autorizzazione dell’impianto di destinazione.

Impianti di recupero

I rifiuti propri dell’attività di demolizione e costruzione possono essere recuperati e possono essere utilizzati nuovamente come materie prime secondarie nei processi costruttivi. Il recupero può avvenire se, all’origine, i rifiuti posseggono alcune caratteristiche intrinseche e se sono sottoposti a precise operazioni. La definizione puntuale delle tipologie di rifiuti che possono essere recuperati, delle caratteristiche che debbono possedere, delle fasi di recupero e dei prodotti ottenibili sono contenute nel DM 5/2/1998 (e succ. mod. ed int.).

Una buona gestione di un impianto di recupero prevede che le aree di stoccaggio dei rifiuti e dei prodotti recuperati siano ben delineate e distinte, che il personale sia formato sulle operazioni tecniche da eseguire sul rifiuto, dalle quali dipendono strettamente le caratteristiche merceologiche del prodotto recuperato e la rispondenza ai requisiti di legge. Il rifiuto cessa di essere tale dopo essere passato attraverso le operazioni di recupero e dopo che sono state verificate le sue caratteristiche chimico/fisiche/merceologiche. La verifica di queste caratteristiche è stabilita in maniera puntuale dal DM 5/2/98 (e succ. mod. ed int.), con riferimenti alle norme tecniche internazionali. Particolare cura deve essere rivolta alla compilazione del registro di carico e scarico dell’impianto: esso deve rappresentare una fotografia aggiornata della gestione dei rifiuti.

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