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L’imprenditore civile non pensa solo al profitto

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5 Agosto 2022 Stampa

La Scuola di Economia Civile rappresenta un modo nuovo di guardare all’uomo, al lavoro, all’ambiente. Per dirla con le parole della Scuola stessa, si tratta di “una storia di persone che credono nell’impresa come luogo in cui si realizza pienamente la nostra umanità. L’economia civile è un cantiere ancora in costruzione, una storia ancora tutta da scrivere”. Per saperne di più abbiamo intervistato Alberto Frassineti, tra i promotori della Scuola di Economia Civile.

Cosa si intende per economia civile, come è possibile, in poche parole, definire questo modello?
«In realtà è molto semplice, e lo dice la parola stessa: riportare l’aspetto del civile all’interno delle matrici economiche per ridare all’economia la sua vera dimensione di luogo in cui occuparsi della casa comune».

Quali sono le differenze tra questo paradigma con il concetto classico di economia? Quanto è necessario nel burrascoso panorama odierno adottare un approccio di questo tipo, che mette la persona al centro del modello?
«La situazione odierna è il frutto di un’economia che ha puntato solo al profitto a ogni costo: in buona sostanza abbiamo bruciato il futuro dei nostri giovani, trascurato beni comuni come l’ambiente, l’acqua e così via. L’economia civile parte da un punto di vista completamente diverso: efficienza ed efficacia restano due parametri fondamentali senza i quali non si può fare economia, ma al tempo stesso questi principi non sono più sufficienti. È necessario riportare al centro dell’agire economico prima di tutto la persona, con le sue relazioni e il suo benessere, l’impegno a costruire civiltà, l’ambiente, l’attenzione per il prossimo, per ciò che si costruisce e per i cosiddetti “stakeholder muti”, come l’ambiente e come le stesse giovani generazioni, che di fatto non hanno voce».

Qual è il legame di questo paradigma economico con la sostenibilità?
«Certamente si tratta di concetti che sono strettamente collegati tra di loro, penso anche all’economia circolare, ad esempio, ma bisogna fare attenzione perché oggi si parla ancora principalmente di sostenibilità sotto il profilo economico. L’economia civile ha una prospettiva a 360 gradi: parte della sostenibilità dei valori, della cultura, del territorio, delle relazioni. È un concetto molto ampio, non si tratta della semplice somma dei suoi vari aspetti, ma del loro prodotto. Se fosse una somma aritmetica, si potrebbe essere molto bravi a fare profitto, ma anche pessimi con l’ambiente o nell’ambito delle relazioni e la sostenibilità che otterremmo sarebbe comunque positiva. Al contrario, come insegna il professor Stefano Zamagni che in questo campo è forse uno dei massimi esponenti nel nostro Paese, se manca anche uno solo di questi aspetti non c’è sostenibilità totale, bene comune totale. Basti pensare che un numero moltiplicato per zero fa zero…».   

Imprenditore civile si nasce o si diventa?
«Mi piace pensare che un imprenditore è civile se rimane fedele al nocciolo di verità che c’è nei suoi sogni: egli è sempre qualcuno che ha qualcosa da dare agli altri tramite un prodotto o un servizio. In questo scambio c’è sempre un profitto, un ritorno: l’economia civile scatta quando il profitto e il costruire impresa non mirano solo ad un bene individualistico, ma anche a costruire il bene comune. Si tratta di fare lo scatto di passare da individui a persone, che si occupano di altre persone, affiancando al parametro classico della mera realizzazione personale anche quello della realizzazione degli altri. Sicuramente alcuni imprenditori hanno una predisposizione in quest’ottica, ma esistono moltissimi percorsi con cui si può entrare nel paradigma dell’economia civile e modificare l’impresa in questo senso».

Lapam è formata per la maggioranza da piccole imprese: si può dire che abbiano una sorta di approccio involontario ai temi della sostenibilità e dell’economia civile? Quanto è importante stimolare anche le piccole realtà a fare la loro parte?
«Sicuramente è fondamentale coinvolgere anche le realtà più piccole, perché quando si è in crisi di mezzi e di risorse è molto facile mettere in crisi anche i valori. Certamente il piccolo imprenditore che nasce dall’esperienza personale, dal territorio o magari da un clima familiare, ha tutta una serie di relazioni territoriali che lo rinforzano e per questo è sicuramente una persona che ha un potenziale intrinseco molto forte: il piccolo imprenditore, il commerciante, chi conduce realtà di per sé di piccole dimensioni, per questo può e deve fare economia civile».

Chi è Alberto Frassineti

Laureato in Ingegneria nucleare all’Università di Bologna, ha proseguito la sua formazione conseguendo un master nell’area della direzione aziendale strategica e dell’organizzazione. Successivamente le sue esperienze professionali sono maturate nelle aziende metalmeccaniche di produzione, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali.Dal 2000 è socio fondatore della società di consulenza GM&P Consulting Network, occupandosi principalmente di consulenze nell’area mission, vision, strategie, nell’area organizzazione aziendale e di formazione per imprenditori e manager di piccole e medie imprese.

Dal 2006 lavora anche come consulente di Istituti e Congregazioni religiose, occupandosi di consulenza strategica e di organizzazione, in particolare su missione e gestione delle opere generate da un carisma, oltre che di formazione per consacrati e laici presenti nelle opere.Già consigliere di amministrazione della E. di C. SpA sin dal 2001, ha contribuito alla ideazione e realizzazione del Polo Lionello Bonfanti, polo italiano delle aziende aderenti al progetto di Economia di Comunione,Cofondatore della Scuola di Economia Civile, fa parte del corpo docente e ne è Consigliere Delegato. Collabora, in qualità di docente, con l’Università degli Studi di Milano Bicocca, con l’Università di Bologna – sedi di Forlì e Rimini – con l’Università di Pisa e con l’Università Cattolica-sede di Roma con docenze e seminari riguardanti i temi dell’economia civile, della mission e strategie, dell’organizzazione aziendale.

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