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Amazon: rischi e opportunità per il territorio

19 Gennaio 2021 Stampa

Cinzia Ligabue, presidente Licom (i commercianti aderenti a Lapam), propone un ragionamento a partire dal nuovo centro logistico del colosso statunitense.

La notizia dell’apertura entro il 2021 del centro Amazon di Spilamberto, notizia che senz’altro porterà benefici in termini di posti di lavoro e auspichiamo anche una collaborazione soprattutto con le piccole e medie imprese del territorio, ci consente di fare alcune riflessioni che riguardano questo colosso delle vendite online e, più in generale, i cosiddetti giganti del web.

La presidente chiarisce subito un punto.

Sappiamo bene che il mondo sta andando in una determinata direzione e non saremo certo noi a farlo cambiare strada, ma ci sono alcuni punti che è necessario sottolineare perché la concorrenza deve basarsi su un dato di lealtà. Per intenderci, nel campionato di calcio giocano le grandi squadre e altre società più piccole con disponibilità economiche molto minori, ma tutte le partite cominciano dallo 0-0 e l’arbitro applica regole uguali per tutti.

Ecco perché ci teniamo a sottolineare come la tassazione debba essere equa e debba essere uniformata a livello di Unione Europea introducendo la cosiddetta web tax. È evidente, tra l’altro, che se un negozio paga le tasse in Italia contribuisce alla sanità, al welfare, alla scuola, alle infrastrutture e via dicendo, mentre se un gigante del web le paga, ad esempio, in Irlanda e nel nostro Paese versa solo piccole percentuali sugli utili, il gioco non è leale.

Altro tema, che impatta direttamente su questo periodo, è dettato dalle aperture: Amazon può consegnare anche nei festivi e nelle giornate considerate ‘rosse’ dal calendario del Governo, mentre naturalmente un esercizio commerciale fisico deve rimanere chiuso per legge. Sicuri che sia giusto?

Ligabue chiude guardando avanti.

Non si tratta di voler combattere i mulini a vento, ma di prendere il tema seriamente e con una prospettiva. Sappiamo bene, e lavoriamo per questo, che il commercio tradizionale per restare sul mercato deve evolvere e diventare sempre più capace di offrire servizi adeguati ai tempi e attento a una clientela che cambia. Ci lavoriamo e tanti commercianti stanno già seguendo questa strada. Ma c’è una domanda di prospettiva che ci pare decisiva: quali città immaginiamo tra dieci anni? Nel 2031 i centri storici, ad esempio, avranno ancora una rete commerciale? I turisti che arriveranno troveranno ad attenderli saracinesche alzate o una desertificazione commerciale? E le periferie, i piccoli paesi, avranno ancora il presidio sociale dei negozi di vicinato oppure no? Infine, tutto questo quale costo sociale avrà? Queste, oggi, ci paiono le domande giuste da porsi.

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