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Giovani e lavoro, costruire oggi le competenze di domani

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27 Ottobre 2016 Stampa

A un anno dall'approvazione della "Buona Scuola", Lapam si interroga sugli effetti della legge che cambia il rapporto tra scuole e imprese

"Come migliorare il rapporto tra scuole e imprese?".

È questa la domanda su cui ha ruotato il seminario organizzato da Lapam, mercoledì 26 ottobre 2016, a un anno dall'introduzione della legge 107/2015 voluta dal governo Renzi. Uno strumento che ha potenziato l'Alternanza Scuola/Lavoro per gli istituti tecnici e professionali, introducendola anche nei licei.

«La legge cosiddetta della "Buona Scuola" ha il grande merito di consolidare il contatto con le realtà produttive del territorio – ha ricordato Carlo Alberto Rossi, Segretario generale dell'associazione imprenditoriale – che Lapam vuole stimolare nel miglior modo possibile, favorendo l'incontro tra scuole e aziende».

Conoscere le eccellenze imprenditoriali del territorio e tutto il mondo della piccola impresa dunque e metterle in contatto con le scuole delle province di Modena e Reggio Emilia. Un'impresa tutt'altro che scontata se consideriamo che, come ricordato da Franco Rubbiani Responsabile dell'Ufficio Studi Lapam:

«Per più del 90% sono micro e piccole imprese con meno di 9 addetti», quindi difficili da "trovare" e coinvolgere senza una partnership tra più soggetti.

Un panorama complesso in cui la conoscenza reciproca è alla base di un futuro da incardinare su direttrici ben precise.

«La scuola deve imparare a essere sempre più flessibile e aperta a nuove soluzioni – ha detto Giorgio Siena, Dirigente scolastico e Presidente Asamo – e in questo gli studenti sembrano più pronti dei docenti ad affrontare il cambiamento». 

Un ribaltamento dei paradigmi in cui torna al centro l'impresa e il lavoro.

«Siamo di fronte un problema culturale – afferma Damiano Pietri, Presidente nazionale dei giovani imprenditori di Confartigianato e titolare di ABC Bilance a Campogalliano . Da una parte gli imprenditori vivono come un costo quello che invece è un investimento sul futuro, dall'altra la scuola non ha ancora capito che ciò che si insegna nelle aziende è cultura. Cultura del lavoro, dell'impegno e della dedizione a sapere fare bene le cose».

Ma cosa serve per rendere più fluido l'accesso degli studenti in azienda? Secondo Silvia Spattini, Ricercatrice Adapt presso il dipartimento di Economia dell'Università Marco Biagi di Modena e Reggio Emilia:

«Serva un patto territoriale, in cui tutti gli attori chiamati in causa lavorino affinché ci sia consapevolezza dello strumento e della sua importanza, ma anche un puntuale monitoraggio di come stanno andando gli inserimenti in azienda e di che risultati portino».

La strada è dunque ancora tutta in salita e molto è ancora da fare sul fronte dell'orientamento se, come ricorda ancora Franco Rubbiani, le figure più difficili da reperire per le aziende del territorio sono: ingegneri meccanici, specialisti in scienze economiche, analisti e progettisti software e tecnici gestionali.
estremamente formate che rispecchiano un tessuto imprenditoriale, strutturato in distretti industriali, in continua evoluzione e che deve rimanere aggiornato per poter competere sui mercati globali.

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