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Riforma del lavoro sportivo: cosa prevede la nuova disciplina

6 minuti di lettura
19 Giugno 2023 Stampa

Negli ultimi anni il settore del lavoro sportivo in Italia ha subito importanti cambiamenti attraverso la riforma del Lavoro professionistico 91/1981 e la successiva Legge Delega 86/2019. Queste modifiche hanno introdotto nuove regolamentazioni e norme volte a garantire parità di trattamento e di non discriminazione per i lavoratori sportivi, sia nel settore dilettantistico che in quello professionistico.

Vediamo in questo articolo le principali novità e quali implicazioni hanno per i lavoratori sportivi, in attesa del secondo decreto correttivo.

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Il contesto in cui nasce la riforma del lavoro sportivo

La situazione precedente alla riforma del lavoro professionistico (Legge 91/1981) prevedeva una distinzione tra il mondo professionistico – che includeva sport come calcio, basket, golf, ciclismo, boxe e motociclismo – e il mondo dilettantistico, che non definiva in modo chiaro il concetto di lavoro o lavoratore sportivo. La normativa esistente si limitava a regolamentare aspetti fiscali e contributivi. Inoltre, vi erano numerose sentenze della Corte di Cassazione che mettevano in discussione questo quadro giuridico.

Con l’entrata in vigore della Legge Delega 86/2019, sono state introdotte nuove disposizioni per garantire una maggiore tutela e definizione del lavoro sportivo in Italia. La legge abroga la L. 91/1981 e l’articolo 67, comma 1, lettera m) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Inoltre, introduce la figura del lavoratore sportivo, che non dipende dalla natura dilettantistica o professionistica dell’attività svolta, e stabilisce una disciplina specifica in materia assicurativa, previdenziale, fiscale e delle regole di gestione del fondo di previdenza.

Il nuovo lavoratore sportivo si distingue per il fatto di svolgere attività sportiva dietro compenso, non essendo più considerato un volontario. Questa definizione si applica indipendentemente dal settore dilettantistico o professionistico in cui opera. Le figure coinvolte includono atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici, direttori sportivi, preparatori atletici, direttori di gara e ogni altro tesserato che svolge mansioni necessarie per lo svolgimento dell’attività sportiva, conformemente ai regolamenti degli enti affilianti.

È importante sottolineare che le nuove disposizioni escludono coloro che operano in professioni la cui abilitazione non è rilasciata dall’ordinamento sportivo e che richiedono l’iscrizione in appositi albi o elenchi tenuti da ordini professionali.

La riforma introduce anche una disciplina specifica per gli arbitri, definiti come direttori di gara o soggetti preposti a garantire il regolare svolgimento delle competizioni sportive. Non è necessario formalizzare un contratto, ma è sufficiente una comunicazione o designazione da parte della federazione sportiva nazionale o dell’ente di promozione sportiva.

Aspetti previdenziali, assicurativi e fiscali del nuovo lavoratore sportivo

La riforma del lavoro sportivo introduce importanti cambiamenti anche dal punto di vista previdenziale, assicurativo e fiscale per i lavoratori autonomi che svolgono attività sportiva.

Per risolvere l’annosa questiona della natura del lavoro sportivo nell’area del dilettantismo, il legislatore introduce una presunzione normativa in base alla quale il lavoro sportivo si può ricondurre ad un contratto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, in presenza di due requisiti:

  1. la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le ventiquattro (pare essere questo il nuovo limite previsto dal correttivo, in incremento rispetto alle precedenti diciotto) ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive;
  2. le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva.

Per i lavoratori sportivi autonomi contrattualizzati nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, fino a un compenso annuo di 5.000 € (a partire dal 1° luglio 2023), non sono previsti obblighi contributivi.

Tuttavia, nel caso in cui i compensi superino tale soglia, entrano in gioco gli obblighi contributivi. Per i soggetti non assicurati presso altre gestioni o pensionati, si applica un’aliquota del 25% (IVS) oltre al 2,03%. Per i soggetti assicurati presso altre forme contributive obbligatorie o pensionati, l’aliquota dell’IVS è del 24%. Fino al 2027, le aliquote IVS sono dimezzate al 50%.

Il carico contributivo è suddiviso tra la società o l’ente (2/3) e il lavoratore (1/3). È importante sottolineare che l’obbligo di assicurazione INAIL si applica a tutti i lavoratori sportivi, indipendentemente dal compenso percepito.

Sul fronte fiscale, i compensi per il lavoro sportivo nell’ambito del dilettantismo non costituiscono una base imponibile fino a un importo annuo complessivo di 15.000 €. Tuttavia, se l’ammontare totale dei compensi supera questa soglia, solo la parte eccedente contribuirà a formare il reddito del contribuente. Al momento del pagamento, il lavoratore sportivo deve rilasciare un’autocertificazione che attesti l’ammontare dei compensi percepiti per le prestazioni sportive dilettantistiche svolte nell’anno solare.

Nel 2023, con l’entrata in vigore della riforma a metà anno, il Decreto Milleproroghe stabilisce che la soglia di esenzione per i compensi percepiti durante l’intero anno, compresi quelli corrisposti nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 giugno ai sensi dell’articolo 67 del TUIR, sia di 15.000 euro.

Per quanto riguarda gli adempimenti relativi al nuovo lavoratore sportivo, i rapporti di collaborazione con compensi fino a 5.000 € non sono soggetti a nessun obbligo di comunicazione. Tuttavia, per i rapporti di collaborazione con un compenso annuo superiore a 5.000 €, è previsto un obbligo di comunicazione preventiva che può essere effettuata in forma semplificata attraverso il RASI (Registro delle Attività Sportive e dell’Impiego).

Inoltre, i rapporti di collaborazione con un compenso annuo superiore a 15.000 € sono soggetti all’obbligo di consegna della busta paga, mentre quelli con un compenso inferiore possono essere documentati tramite una quietanza in forma libera.

Chi non rientra nella categoria di lavoratore sportivo

Tutte le figure che non svolgono mansioni qualificate come “sportive” secondo la legge o i regolamenti degli organismi affiliati. Queste figure includono, ad esempio, custodi, addetti alle pulizie, manutentori, addetti al bar o al negozio, animatori di centri estivi, ecc. Per loro si applicano le normali regole del mondo del lavoro in termini di diritti e doveri.

Per quanto riguarda i collaboratori amministrativi-gestionali, anche se non sono considerati “lavoratori sportivi”, possono adottare lo stesso trattamento fiscale e contributivo previsto per il lavoro sportivo autonomo o contrattualizzato (co.co.co). Tuttavia, devono essere regolari collaborazioni di tipo co.co.co ai sensi dell’articolo 409 cpc e dell’articolo 2, comma 2, del D.lgs 81/15.

Inoltre, non rientrano nella categoria di lavoratori sportivi coloro che operano nell’ambito di una professione per la qu

ale è richiesta un’abilitazione non rilasciata dall’ordinamento sportivo e il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in appositi albi o elenchi tenuti da ordini professionali.

Per i collaboratori amministrativi-gestionali che non sono considerati lavoratori sportivi, si applicano le normali disposizioni lavoristiche in vigore. Tuttavia, non è richiesta l’obbligo di comunicazione preventiva se sono contrattualizzati come veri co.co.co. e non si applica la presunzione del contratto fino a 18 ore.

È importante notare che, nonostante non siano considerati lavoratori sportivi, i collaboratori amministrativi-gestionali che operano nell’area del dilettantismo possono comunque beneficiare di uno speciale trattamento tributario e fiscale previsto per il lavoro sportivo autonomo o contrattualizzato. Questo trattamento prevede un’esenzione contributiva fino a 5.000 € e un’esenzione fiscale fino a 15.000 €.

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