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L’inflazione dentro e fuori l’economia. Un’intervista a Mario Unali

4 minuti di lettura
3 Agosto 2023 Stampa

Un percorso che parte da un concetto prettamente economico quale l’inflazione, in grado di spiegare come questo fattore possa incidere sulla sfera, sociale, comunicativa, artistica e decisionale delle nostre vite. Nel suo libro “Chi troppo vuole. L’inflazione dentro e fuori l’economia”, Mario Unali è riuscito a farci viaggiare tra il passato e il presente, analizzando l’inflazione non solamente da prospettive economiche. E proprio del suo libro, abbiamo parlato in occasione di un evento organizzato da Lapam Confartigianato a Modena, riflettendo su un tema molto discusso di questi tempi come l’inflazione.

Vorrei partire con lei da un paradosso che mi ha molto incuriosito: è possibile che l’abbondanza ostacoli la soddisfazione dei bisogni umani anziché favorirla?

«L’inflazione come fenomeno economico parte da questo paradosso. La teoria monetarista dell’inflazione sostiene che: “Il denaro in circolazione in un’economia non dovrebbe mai crescere più di quanto non cresca il valore dell’economia stessa, come beni e servizi”. Se, infatti, il denaro cresce meno dell’economia si crea una recessione perché non riusciamo a far affiorare il valore di ciò che produciamo. Ma se la quantità di denaro cresce più dell’economia, i soldi che circolano cominciano a inseguire beni e servizi in un circolo rialzista. Il paradosso dov’è: il troppo denaro in circolazione, attraverso il meccanismo dell’inflazione, finisce per impoverire. Ma com’è possibile che il denaro impoverisca? Il denaro, se ci pensiamo, non è mai troppo. Se ci dicessero: “Ti triplico lo stipendio” probabilmente non risponderemmo “No, è troppo”. Da un punto di vista collettivo però esiste questo paradosso, perché se c’è troppo denaro in circolazione noi ci impoveriamo. Le cose che compriamo aumentano, il nostro potere d’acquisto diminuisce e noi siamo più poveri».

Quindi il concetto dell’abbondanza non è sempre un aspetto positivo…

«Il concetto di abbondanza, ampiamente studiato anche sotto l’aspetto filosofico, è un valore positivo sempre. Non è mai stato messo in discussione. Pensiamo, ad esempio, solo al consumo che noi facciamo: l’economia di è allontanata dal concetto di soddisfazione dei bisogni e si è spostata verso il consumo di beni discrezionali. Bisogna domandarsi, soprattutto in società molto ricche come la nostra, se il paradigma dell’abbondanza sia qualcosa di sempre positivo oppure se si possa e debba mettere in discussione. L’inflazione ce lo spiega molto chiaramente che l’abbondanza non sia sempre positiva. Si potrebbe ampliare il campo di riflessione anche ad altri ambiti e chiedersi, in queste sfere, se anche qui l’abbondanza sia positiva o no».

Lei ha accostato un termine economico con sfere che di economico, di primo acchito, non hanno nulla, come quella comunicativa, artistica, letteraria. Le chiedo perché e, soprattutto, se è stato complicato trovare una connessione tra queste differenti dimensioni

«Concettualmente non è stato difficile, perché l’economia è una scienza sociale, cioè che ha a che fare con la soddisfazione dei bisogni delle persone. Partire dall’economia per analizzare le altre dimensioni della vita di una persona è qualcosa di assolutamente fattibile. L’evoluzione della scienza economica ha portato a un uso diffuso della matematica nell’economia. Questo rende spesso poco accessibile l’economia a chi non è un esperto del settore. In realtà non è così, gli stessi economisti si sono scagliati contro questo eccesso di uso della matematica che sembra accostare l’economia più a una scienza esatta che una scienza sociale. Uno di questi, tra l’altro, era John Maynard Keynes, economista e laureato in matematica. E lo spirito di questo libro è proprio questo: partire dalla sfera economica e poi uscire e toccare altre dimensioni».

Non voglio “spoilerare” tutto il libro, anche perché toglierei il piacere della lettura. Per questo, in conclusione, le chiedo solamente perché le è nato il desiderio di scrivere questo libro e un motivo per cui un cittadino dovrebbe leggerlo

«Accostarsi alle problematiche economiche in una maniera leggera e divulgativa, recuperando il senso collettivo e sociale degli aspetti economici. Questo non è un libro tecnico e il mio obiettivo è far riflettere sull’attualità, cercando di capire l’economia senza essere dei tecnici. L’opera “Chi troppo vuole. L’inflazione dentro e fuori l’economia” vuole essere un libro per tutti, non per esperti di finanza. Si parla di musica, di filosofia, di telecronache di calcio. Quindi un libro adeguato a qualsiasi pubblico».

Chi è Mario Unali

Nato a Roma nel 1983, Mario Unali, dopo il liceo classico, si è laureato con lode in Economia e Management alla LUISS Guido Carli prima di trasferirsi a Londra, dove ha intrapreso la carriera di gestore patrimoniale. Oggi è responsabile di fondi di investimento e mandati di gestione con strategie globali. Esperto di investimenti alternativi e allocazione di portafoglio, è stato più volte premiato tra i migliori professionisti a livello internazionale. Oltre ad aver ideato, scritto e condotto la serie di podcast Brave News sulle donne nel mondo della finanza, ha intrapreso anche la carriera di scrittore.

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