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Un’intervista a Luca Mercalli sul cambiamento climatico e sull’alluvione in Romagna

4 minuti di lettura
3 Agosto 2023 Stampa

La tremenda alluvione che ha messo in ginocchio la Romagna è da ricondursi agli effetti del cambiamento climatico. Ne abbiamo parlato con Luca Mercalli, giornalista scientifico, Presidente della Società Meteorologica Italiana e anche autore, tra l’altro, di “Prepariamoci”, “Non c’è più tempo”, “Il clima che cambia”, “Salire in montagna” e il libro per bambini “Uffa che caldo”.

Luca Mercalli è uno dei massimi esperti nel panorama nazionale e internazionale di meteorologia e climatologia. Dal 2007 fa parte di Climate Broadcaster Network-Europe, gruppo di presentatori meteo televisivi voluto dalla Comunità europea per diffondere una corretta informazione sui cambiamenti climatici. E l’evento alluvionale accaduto nel mese di maggio in Romagna è anche da attribuirsi proprio agli effetti dei cambiamenti climatici.

Mercalli, la prima domanda che le faccio è se ci può spiegare scientificamente che cosa è accaduto…

«Il fenomeno che ha colpito la Romagna è sicuramente un fenomeno eccezionale dal punto di vista climatico. È caduta una quantità di pioggia enorme: 300 litri di acqua al giorno per metro quadrato e in maniera ripetuta. Il primo episodio si era verificato il 2 maggio, il secondo il 17, a sole due settimane di distanza. Quest’ultimo ha trovato i suoli completamente saturi di acqua e perciò ha generato un ulteriore danno. È stato un fenomeno senza precedenti: negli ultimi 80 anni non abbiamo mai assistito a un evento di tale portata. C’è un caso che risale al 1939, anche quello avvenuto nel mese di maggio, ma non abbiamo particolari dati numerici perché erano tempi decisamente diversi».

Quanto questo è dovuto agli effetti dei cambiamenti climatici?

Sospettiamo che il riscaldamento globale abbia contribuito in una certa misura a renderlo più intenso di quanto probabilmente non sarebbe stato in mancanza dei cambiamenti climatici. Possiamo dire così: l’evento atmosferico in sé ci sarebbe sempre stato, ma il cambiamento climatico incide aumentandone l’intensità e la frequenza. Dobbiamo aggiungere però anche l’aggravante dell’uso del territorio. In questi ultimi 50 anni si è edificato in un’area palesemente a rischio in modo eccessivo aumentando il capitale esposto: più io costruisco in un’area a rischio, più ho danni maggiori quando si verifica l’evento raro ma possibile. E ricordiamoci che parliamo sempre di un territorio riconosciuto a rischio allagamento dalla cartografia».

Le allerte diffuse dalla protezione civile e dalla Regione hanno evitato danni peggiori?

«Guardi, senza le allerte le vittime sarebbero potute essere centinaia, e i danni materiali molto maggiori».

Dobbiamo aspettarci eventi di questa portata anche in futuro?

«Purtroppo sì, perché il cambiamento climatico contribuirà a rendere ancora più frequenti e intensi fenomeni di questo genere. E questo per un motivo molto semplice: più fa caldo sul pianeta, più abbiamo evaporazione di acqua negli oceani. L’atmosfera più è calda e più può contenere vapore acqueo. Ciò significa che mano a mano che la temperatura aumenta, maggiore sarà la nostra esposizione a eventi estremi. Tant’è che, volendo estremizzare, fino al giorno prima di queste alluvioni la Pianura Padana ha sofferto la più grave siccità degli ultimi 200 anni».

A proposito di siccità: con l’acqua in abbondanza che è caduta rischiamo un’altra estate di crisi?

«Di fronte a fenomeni di questo genere non si può neanche pensare di accumulare acqua, perché qualsiasi opera idraulica sarebbe stata travolta dalla forza devastante dell’evento. Su alcuni fiumi della Romagna c’è stata un’onda di piena di 15 metri di altezza. Inoltre è acqua fangosa e piena di sedimenti: qualsiasi opera di accumulo si sarebbe riempita di fango e dunque resa completamente inservibile. La troppa acqua non si riesce a trattenere. A ciò bisogna aggiungere che non ha piovuto così su tutta la Pianura Padana, ci sono zone in cui l’acqua è appena sufficiente per le coltivazioni. Ci sono ancora aree che prima che giungano alla compensazione del deficit accumulato in questo anno devono ancora augurarsi altri giorni di pioggia. Magari più regolare e non così violenta come accaduto in Romagna».

Cosa si può fare per evitare danni così ingenti?

«Io credo che serva una legge ferrea contro il consumo di nuovo suolo, in modo da non andare a incrementare ulteriormente i danni. Servirebbe anche il coraggio di riflettere se valga la pena ricostruire in quelle zone dove i danni sono stati più ingenti o abbandonare quelle aree. Parliamo ovviamente solo di quei punti estremamente critici, dove forse non vale la pena ricostruire per poi avere il rischio fra 30 anni di avere un altro fenomeno del genere. Un po’ come ha fatto la Francia. Nel paese transalpino abbiamo casi di “abbandono permanente”: zone riconosciute troppo a rischio e non è stato dato il permesso di ricostruire e sono stati dati indennizzi agli abitanti per acquistare casa in zone più sicure».

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