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L’anno della svolta sul clima

5 minuti di lettura
4 Agosto 2021 Stampa

Nel 2019 Greta Thunberg veniva incoronata persona dell’anno da Time Magazine, sdoganando un tema – quello della sostenibilità – che fino ad allora era considerato un po’ troppo “new age” e coinvolgendo le nuove generazioni, ovvero i consumatori del futuro. Se Thunberg è un simbolo di una generazione green, Elon Musk è la sua controparte imprenditoriale che con Tesla ha trasformato questa visione nel business del domani, non è un caso se nel 2020 (per qualche giorno) è salito al primo posto tra gli uomini più ricchi del mondo. Gli investitori credono talmente tanto in questa visione che le azioni hanno registrato in un solo anno numeri da record e la capitalizzazione attuale di quest’ultima l’ha resa la casa automobilistica più di valore di sempre, superando aziende come GM di dieci volte, nonostante le sole 500mila auto consegnate nel 2020, contro le 2,5 milioni di quest’ultima.

È ovvio che in un contesto come quello attuale valgono più le visioni e le potenzialità di un mercato ormai pronto a esplodere rispetto ai meri bilanci trimestrali, inoltre in questo caso specifico il paragone con le case automobilistiche è sbagliato, è a tutti gli effetti un’azienda tech/energetica e con queste andrebbe confronta. Dunque non è un caso se la persona più ricca al mondo sia qualcuno che sta combattendo il cambiamento climatico e chi è più volte l’ha definita una bolla dovrà ricredersi, Tesla sono anni che investe nel trovare un modo per immagazzinare l’energia e utilizzarla per permettere alle persone di essere produttive in modo sostenibile, le auto sono solo un esempio come lo sono i pannelli solari e i powerwall per l’accumulo e l’utilizzo casalingo.

Il futuro è in mano a società elettriche molte delle quali sono destinate a crescere ancora, ne è convinto anche il presidente di Blackrock (la più grande società di investimenti) Larry Fink in una lettera ai grandi CEO Americani:

“la pandemia ci ha messo di fronte a una tale crisi esistenziale da indurci ad affrontare con maggiore determinazione la minaccia globale del cambiamento climatico, destinato, come la pandemia, a cambiare le nostre vite. A gennaio del 2019 scrivevo che il rischio climatico è il rischio di investimento, e che non appena i mercati avessero iniziato a scontare il rischio climatico nel valore dei titoli avremmo assistito a una riallocazione fondamentale dei capitali. Poi è arrivata la pandemia, e a marzo l’opinione più diffusa era che la crisi avrebbe distolto l’attenzione dal clima. Invece è successo esattamente il contrario e la riallocazione dei capitali ha subito un’accelerazione ancora più rapida di quanto avessi previsto. Da gennaio a novembre 2020, gli investitori in fondi comuni ed ETF hanno investito globalmente 288 miliardi di dollari in asset sostenibili, con un incremento del 96% rispetto a tutto il 2019. Siamo all’inizio di una transizione lunga ma in rapida accelerazione, che si dispiegherà per molti anni e trasformerà i prezzi delle attività finanziarie di ogni tipo” . 

Verso la Conferenza delle Nazioni Uniti sul cambiamento climatico

Ma al di là della mera speculazione finanziaria sul tema è importante sottolineare che quest’anno sarà centrale nella lotta al cambiamento climatico perché a novembre, a Glasgow durante la ventesima conferenza delle Nazioni Unite sul climate change (COP 26), verrà reso operativo l’Accordo di Parigi di cui tanto si è discusso, l’obiettivo è riuscire a attivare misure di mitigazione e adattamento in grado di contenere entro il 2100 la marcia inesorabile del riscaldamento globale entro i 1,5°- 2°C, le cause di un simile innalzamento delle temperature potrebbero essere catastrofiche, un recente rapporto fatto da CMCC vede ripercussioni sociali ed economiche soprattutto nel settore agricolo per l’Italia traducibili in una perdita fino all’8% del nostro PIL futuro oltre che un forte innalzamento degli oceani. 

Tra gli obiettivi c’è il compimento del “libro delle regole” dell’Accordo di Parigi, ovvero i decreti attuativi in termini di requisiti di trasparenza e i meccanismi che affiancheranno le misure di riduzione delle emissioni dei singoli Paesi. Se la virtuosa Europa si è impegnata a ridurre le emissioni di gas a effetto serra ad almeno il 55% entro il 2030 rispetto allo scenario di riferimento del 1990 con l’obiettivo di diventare il primo paese al mondo a impatto climatico zero con investimenti complessivi di almeno 1000 miliardi, gli Stati Uniti con il neo Presidente Biden sono rientrati nell’accordo di Parigi mentre la Cina, nonostante aderisca al patto resta l’incognita più grande, basti pensare che nel 2019, l’anno prima della pandemia, questa ha emesso 9.756 milioni di tonnellate di CO2, il 29,3%  di quelle mondiali con circa il 19% della popolazione e in crescita rispetto al 2018, questo perché non ha adottato misure nel breve termine fissando un obiettivo di lungo periodo che la indirizzerebbe alla neutralità climatica in teoria nel 2060.

L’Italia dal canto suo sta investendo diverse risorse nella sostenibilità e spingendo il consumatore ad adottare soluzioni green con incentivi e bonus, anche il superbonus 110% e le comunità dell’energia sono in ripresa gli investimenti nelle fonti di energia rinnovabili, in particolare il fotovoltaico con ripercussioni positive in termini di quota di energia prodotta con fonti non fossili. 

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